Il 29 luglio 2014, a Borgo Val di Taro, moriva il grande compositore, pianista e didatta milanese, colui che riuscì a far accettare la musica jazz nei conservatori del nostro Paese, con la prima cattedra, istituita al Santa Cecilia di Roma solo nel 1972! Noi di GRooVE back magazine abbiamo voluto ricordare questo decennale intervistando tre personaggi legati, a livello professionale e umano, a colui che teorizzò il concetto di Musica Totale, vale a dire il suo biografo Adriano Bassi, la vedova Simona Caucia e Marco Lincetto della Velut Luna, che ha sempre considerato l’artista milanese il suo “secondo padre”

Maestro Bassi, sono trascorsi esattamente dieci anni dalla morte di Giorgio Gaslini. Prima di affrontare alcune tematiche della sua opera, vorrei chiederle prima di tutto che cosa resta oggi della lezione musicale, didattica, umana del compositore e pianista milanese.

Il Maestro ci ha lasciato in eredità la passione profonda, il sacrificio, la tenacia, la lungimiranza e la grande, immensa preparazione musicale. Dico ciò perché Gaslini, nei nostri numerosissimi incontri anche notturni (d’obbligo perché era sempre in giro per il mondo per concerti), mi raccontò dei suoi studi severissimi in Conservatorio, ottenendo ben sei diplomi! Questo aspetto denota la personalità del Maestro e la lotta costante che fece principalmente con sé stesso.

È indubbio che il nome di Gaslini viene quasi sempre ricondotto alla musica jazz e ai suoi sforzi per farla accettare e apprezzare in un Paese come l’Italia che, ancora sul finire degli anni Quaranta, conosceva poco o punto questo genere musicale. Quali furono principalmente gli scogli, le incomprensioni, le chiusure che Gaslini dovette affrontare per far sì che anche qui il jazz potesse ottenere quello status artistico e culturale che gli era già stato ampiamente riconosciuto altrove? D’altronde, fa ancora impressione ricordare che la prima cattedra di jazz in un conservatorio italiano, affidata proprio a Gaslini all’Accademia di Santa Cecilia a Roma, fu istituita solo nel 1972…

Una domanda bellissima e centratissima. Egli mi raccontò degli ostacoli quotidiani per allargare gli orizzonti molti ristretti e miopi degli addetti ai lavori. Lottò con coraggio contro attacchi sotterranei e con avversari quasi invisibili, ma presenti, per danneggiare la sua idea della musica senza steccati. Per rispondere alla domanda, mi tornano alla mente le sue frasi sempre comprensive, sottolineando più volte che le idee nella musica potessero essere diverse, ma che il percorso musicale “in toto” non si poteva fermare. Le critiche al suo operato non mancarono, ma lui non ebbe mai delle reazioni “scomposte”. Fu sempre sereno e spesse volte mi disse che questo tipo di reazione, del mondo musicale, faceva parte della normalità. Non tutti potevano o non volevano accettare le sue idee o le sue scelte musicali. Il suo desiderio si basava sulla fusione della musica senza ghettizzazioni o paletti di sorta. Fu una battaglia difficile e ardua, ma risultò vincitore, provando, a volte, molta amarezza e delusione.

Giorgio Gaslini nel suo studio nella villa di Borgo Val di Taro, vicino a Parma, dove è morto il 29 luglio 2014

Affrontiamo adesso dei punti fondamentali per comprendere meglio l’estetica musicale di Giorgio Gaslini, in modo particolare il suo progressivo processo di avvicinamento tra mondo sonoro e filosofia, che prese avvio quando il compositore milanese frequentò le lezioni universitarie di Enzo Paci nel capoluogo milanese, per comprendere meglio il pensiero fenomenologico di Edmund Husserl. Ma, al di là di tale proficua e feconda esperienza, quanto ha contato nella musica di Gaslini l’apporto speculativo, il concetto del pensiero in sé? Non per nulla, una delle pagine che il compositore dedicò al filone classico con influssi jazz, la suite per ottetto Tempo e relazione op. 12, risalente al 1957, porta proprio il medesimo titolo di un famoso saggio filosofico di Paci, pubblicato tre anni prima.

Gaslini l’ho sempre definito “un curioso culturale”. Glielo dissi molte volte durante i nostri incontri e trovava la definizione esatta. Per rimanere in tema e per completare ciò che ho sottolineato come una sua curiosità culturale, mi sembra importante sottolineare un aspetto del Maestro, da me scoperto durante la stesura del secondo volume che scrissi dopo la sua scomparsa. Nel suo studio, che mi fu messo a disposizione da sua moglie Simona Caucia, scoprii numerosissimi appunti nei quali il Maestro annotava argomenti di varia natura quali filosofia, psicoanalisi, medicina ed altro ancora, scrivendo riflessioni molto profonde, trovando sempre analogie con la musica. Una miniera preziosissima che è stata, da sempre, il nutrimento musicale del Maestro. Ciò fa capire che Gaslini allargò la propria ricerca a trecentosessanta gradi.

Nel mio primo libro analizzai nei dettagli Tempo e Relazione e la soddisfazione che ebbi da Gaslini fu determinata dal fatto che si congratulò con me per aver elaborato un’analisi precisa e in perfetta sintonia con il suo pensiero musicale. Gaslini fu sempre aderente alla realtà, ai cambiamenti sociali, culturali e stilistici e la sua grande dote fu quella di anticipare i tempi e le mode. Una sensibilità spiccata, anche frutto di un’analisi profonda della società nella quale viveva e operava.

Il musicista e saggista Adriano Bassi, che ha dedicato due libri a Giorgio Gaslini.

Proprio l’op. 12 di Gaslini è il punto di partenza di quell’evoluzione musicale, riflessiva, concettuale che sfocerà diciotto anni dopo nella pubblicazione di un testo da lui scritto e destinato ad essere ben presto un classico, Musica totale. Intuizioni, vita ed esperienze musicali nello spirito del ’68. Che cosa volle intendere Gaslini per “Musica totale”, tenendo conto che tale concezione avrebbe dovuto rappresentare un prezioso strumento per la realizzazione di quello che l’artista milanese ebbe modo di definire l’Uomo totale?

Da come si può notare, per l’ennesima volta egli anticipò i tempi e scrivendo il famoso volume proiettò il suo pensiero verso mete che ancor oggi rimangono valide e centrali, gettando le basi di un nuovo Umanesimo e prendendo in considerazione il passato, il presente e il futuro, con lo scopo di identificare un equilibrio fra questi elementi fondamentali per il genere umano. Gaslini suonò per i giovani nelle Università. Lo fece in momenti difficili, “bollenti”, ma riuscì ad affascinare i giovani con la sua dialettica, con la sua semplicità dotta e con il desiderio di entrare in contatto, in sintonia con il suo pubblico.

A proposito del Sessantotto, un’esperienza politica ed esistenziale che Gaslini visse a quasi trent’anni d’età: in seguito, magari conversando insieme, le disse che aveva mutato parere e posizione rispetto a questo fenomeno storico e culturale?

No. Non parlammo mai di questo aspetto personale. Il Sessantotto fu da noi sviluppato esclusivamente sotto l’aspetto musicale.

Gaslini non pose mai limite alla sua indagine compositiva, andando a creare non solo in ambito jazz e classico, ma scrivendo anche musica per il cinema e per il teatro. In tal senso, in lui non si manifestarono mai conflittualità, dubbi, perplessità nell’esporre la propria arte sonora sotto forma di varie sfaccettature, di varie entità decodificabili in altrettanti generi.

L’ho sottolineato precedentemente. La curiosità culturale che contraddistingueva lo seguì costantemente e quindi collaborare con tutte le altre forme di spettacolo per lui fu una normalità. I suoi studi conservatoriali gli avevano offerto aperture mentali infinite che espresse nella produzione che tutti conosciamo.

Maestro Bassi, lei ha dedicato due libri al grande compositore e pianista, Giorgio Gaslini. Vita, lotte, opere di un protagonista della musica contemporanea e Giorgio Gaslini. Non solo jazz. Come sono nati questi due volumi e, soprattutto, ci vuole raccontare come si svolsero quelle nottate milanesi che lei trascorse parlando e raccogliendo le confidenze e i ricordi di Gaslini?

Il primo volume nacque dopo una profonda amicizia che scaturì da una mia visita che gli feci in veste di intervistatore a Milano. Arrivai al mattino alle dieci e alla sera ero ancora in casa sua a parlare di musica. Aveva scoperto che personalmente ero un musicista e non solo giornalista; quindi, si trovò a proprio agio parlando di musica a trecentosessanta gradi, coinvolgendomi in discussioni molto profonde. Per esempio, ci divertimmo, sempre a casa sua nella zona Via Torino, ad armonizzare al pianoforte il medesimo brano ma con le nostre idee personali. Ero già amante del jazz e mi ero avvicinato a questo mondo affascinante e misterioso, poiché in Conservatorio, ai miei tempi, non esisteva la cattedra di jazz. Gaslini rimase stupito dalle mie variazioni jazz su una Sonata di Beethoven. Da quel momento lavorammo insieme, suonai alcuni suoi brani, lo invitai a tenere dei concerti nelle manifestazioni che organizzavo.

Giorgio Gaslini discute con alcuni giovani al termine di un concerto del 1969.

L’idea di scrivere il primo testo, un libro-intervista fu una naturale conseguenza. Si tratta di un documento prezioso, poiché Gaslini trovò il volume preciso e non romanzato. Non dimentichiamo che riportai le sue esatte parole, diventate nel tempo pietre miliari della sua produzione e del suo pensiero musicale. A dimostrazione dei vastissimi interessi, non possiamo dimenticare i suoi splendidi acquarelli apparsi in vari mostre non solo in Italia. Passavamo i giorni e le notti a lavorare al libro, fumando la pipa come momento di pausa (apparente). La sua lucidità, la sua memoria prodigiosa fu un prezioso aiuto nella ricostruzione della sua vita. Si ricordava perfettamente di avvenimenti e di spaccati di storia culturale e di aneddoti avvenuti trent’anni prima. La musica per lui, non fu solo spettacolo, ma ricoprì il ruolo di una missione sociale. Non a caso in ogni lotta sociale fu sempre presente.

Per quanto riguarda il secondo libro, personalmente lo ricordo con dolore e tristezza. In una delle nostre numerosissime telefonate gli proposi di stendere un nuovo libro aggiornandolo con tutti gli avvenimenti e i cambiamenti musicali avvenuti negli anni. Fu felicissimo della mia idea e mi disse esattamente “che avrebbe iniziato a riunire il materiale”. Ciò non fu possibile, poiché il Maestro dopo poco ci lasciò! Il mio primo pensiero fu di abbandonare il progetto. Mi sembrava una mancanza di rispetto nei confronti del grande musicista se avessi continuato nella stesura del libro. Inoltre, non volevo che si pensasse che personalmente volevo approfittare della sua dipartita per scrivere il libro. Non ho mai avuto questa “abitudine”. Ne parlai con la dolcissima Simona, grande compagna del Maestro, informandola sulla mia decisione, ma mi rispose che se avessi rinunciato a questo progetto, avrei dato un dolore a Giorgio, perché parlava in continuazione del nostro progetto e aveva già iniziato a riunire gli appunti. Decisi di iniziare il lavoro, trascorrendo numerose giornate nello studio del Maestro, che occupava un intero piano della sua villa, dove facevano bella mostra un pianoforte a coda bianco e uno piano verticale in un’altra stanza. Entrai in questo luogo sacro e iniziai a “mettere le mani” (una cosa che mi provocò un terribile disagio psicologico) nei suoi appunti e nelle sue composizioni. Sono stati mesi e mesi di lavoro, di sofferenze, di domande, di riflessioni, sempre sostenuto dalla vedova Simona che mi confortava, portandomi il caffè e l’acqua, e rimanendo discretamente in disparte per lasciarmi concentrato in questo difficile percorso.

Ancora Giorgio Gaslini nel suo studio a Borgo Val di Taro con la consorte Simona Caucia.

Il titolo del secondo volume, Giorgio Gaslini: non solo jazz, è emblematico perché riunisce tutti gli elementi della personalità gasliniana, il quale riuscì sempre a sintetizzare gli avvenimenti della storia attraverso la materia sonora. A tale proposito, come non ricordare Schumann Reflections del 1984, del quale ebbi l’onore di ascoltare in anteprima i brani? Indubbiamente un capolavoro di grande lucidità e anticipatore di un mondo musicale che avrebbe iniziato ad essere ispirato dalla musica romantica, arricchendola con le innovazioni sonore di quegli anni post- Darmstadt.

Ho avuto il privilegio di conoscere un protagonista non solo della musica italiana, ma anche una personalità ricca di una vasta cultura. Io giovane musicista fresco di vari studi conservatoriali ebbi in Gaslini un maestro in grado di insegnarmi a trovare sempre un ponte di comunicabilità fra due mondi apparentemente lontani, poiché l’elemento di sintesi doveva rimanere la musica.

Signora Simona Caucia, il compositore, didatta, divulgatore e pianista Giorgio Gaslini che uomo era dentro le mura domestiche? Quanto era diverso rispetto al Gaslini pubblico?

Dunque, è difficile rispondere perché il Gaslini pubblico era fatto, per così dire, di tanti Gaslini. Insomma, è difficile individuare un unico Gaslini pubblico, ma in casa c’era un solo Gaslini, ossia una persona molto tranquilla, un uomo sempre impegnato nel lavoro di composizione, di ricerca, di lettura, di ascolto. Per questo, amava stare molto volentieri nel suo studio, soprattutto nelle due case dove siamo vissuti in campagna, ma non a Milano, specialmente negli ultimi anni, poiché appena metteva le mani sulla tastiera del pianoforte c’erano sempre dei vicini che protestavano. Alla fine, per lui suonare in casa a Milano era diventato sempre più complicato. Invece in campagna, prima dove abitavamo in cima a una montagna, e poi quando siamo venuti qui in paese a Borgo Val di Taro, questo tipo di problema naturalmente non si è mai posto. E qui, nel suo studio, aveva tutto ciò di cui aveva bisogno. Era il suo mondo.

Suo marito è sempre stato un uomo capace di rispettare il parere e le opinioni altrui, soprattutto quando erano critiche, e non mancarono, nei suoi confronti. Ma c’era qualcosa che non accettava, che lo irritava, che gli faceva dire no apertamente, magari alzando anche la voce?

No, nel modo più assoluto. Giorgio cercava sempre di essere molto tollerante verso le opinioni altrui. Mi ripeteva spesso che ognuno aveva il diritto di manifestare le proprie opinioni e che bisognava rispettarle. Su questo era molto più che tollerante, perché cercava di capire sempre le ragioni degli altri. Ecco, era una persona molto aperta e non so se avesse questa capacità per istinto o se l’avesse acquisita per via dell’educazione paterna, visto che anche il padre fu un uomo assai aperto, un giornalista africanista che visse e operò sotto il fascismo e che trasmise a Giorgio l’amore per la musica.

Il compositore e pianista milanese in veste di direttore orchestrale.

Un’ultima domanda, signora Simona. Se dovesse trasmettere e far comprendere la figura di Giorgio Gaslini come uomo e come artista, quale aneddoto, curiosità o fatto, che lo vide protagonista, sceglierebbe?

Non ci sono aneddoti o ricordi in tal senso, non perché non ci siano in assoluto, ma per il semplice fatto che rientrano e hanno a che fare con un uomo, come lo è stato Giorgio, che fondamentalmente è stato un moderato, ossia pacato, tranquillo, capace di emanare una grande saggezza, soprattutto nei momenti difficili. Ricordo che, anche per via del mio lavoro di attrice, a volte avevo momenti di sconforto, magari buttandomi sul letto e singhiozzando. È capitato che, in quei momenti, Giorgio fosse nella stessa stanza, vicino al letto, e invece di intervenire, di rincuorarmi, si sedeva e si metteva a leggere tranquillamente il giornale, attendendo che la mia crisi nervosa finisse. Ma non si comportava così per indifferenza o per egoismo, poiché alla fine, mi diceva soltanto: «Ma chi ti dice che quanto ti è accaduto sia una disgrazia?». Ecco, questo perché Giorgio riusciva a vedere sempre un lato positivo in tutte le cose e se io mi concentravo sul bicchiere mezzo vuoto, invece lui riusciva a considerare quel bicchiere sempre quasi pieno. Mi sento di affermare, senza ombra di dubbio, che Giorgio è riuscito ad acquisire una grande saggezza, una capacità di saper vivere e di affrontare la vita, anche al di fuori della musica, lavorando su sé stesso, in modo da cercare di elaborare nel modo più positivo rispetto a ciò che lo circondava.

Marco Lincetto, che ha sempre considerato Giorgio Gaslini il suo “secondo padre”, lo ricorda sul canale YouTube di Velut Luna

Marco Lincetto, lei ha sempre considerato Giorgio Gaslini il suo “secondo padre”, parole che fanno comprendere come fosse forte il vostro legame. Come avvenne il vostro primo incontro e, a partire da quel momento, in che modo questa figura “paterna” ha saputo influenzare le sue scelte, la sua stessa vita?

Ho conosciuto Giorgio nell’ottobre del 2003, grazie a Lucia Minetti che me lo presentò e con cui registrammo uno dei dischi più importanti e anche di successo di Velut Luna, ovvero Elle. Da quel momento, Giorgio ed io ci siamo subito sincronizzati su un comune feeling, una comune intesa sulle cose della musica e della vita. E poi, praticamente da subito, lui mi ha proposto, di pubblicare la sua “eredità” musicale “non-jazz”, la Musica Totale, come la definiva lui, dando vita così al ciclo dei CD che riguardano il cosiddetto “Gaslini Sinfonico”, che sono in tutto quattro. Ci sentivamo comunque regolarmente, almeno una volta al mese, in lunghe telefonate in cui parlavamo di tutto…

A livello compositivo e musicale che cosa le ha lasciato Giorgio Gaslini? E quali sono le opere alle quali lei è maggiormente affezionato?

Diciamo che ha confermato la via che già aveva tracciato mio papà Adriano, ovvero escludere ogni paletto nell’approccio alla Musica, e all’Arte in generale, insegnandomi a distinguere solo fra musica bella e musica brutta, prescindendo dalle “staccionate” che i maîtres-à-penser da sempre vorrebbero erigere. Difficile dire di un’opera in particolare, ma forse il Concerto per Clarinetto e Orchestra, presente nel Gaslini Sinfonico 4, da me registrato dal vivo con Giorgio sul podio, ha una presenza forte nel mio animo, anche grazie allo straordinario interprete che fu Angelo Teora, purtroppo anche lui prematuramente scomparso molto giovane qualche anno fa.

È notoria la sua severità, Lincetto, nei confronti delle nuove generazioni di musicisti. Una personalità artistica ed etica come quella incarnata dal compositore e pianista milanese che cosa avrebbe potuto e, soprattutto, dovuto insegnare e consigliare a chi si avvicina oggigiorno a livello professionale al mondo delle sette note?

Sostanzialmente tre cose: STUDIARE, STUDIARE e infine STUDIARE…

Un’ultima domanda. Lascio a lei un ricordo, un aneddoto che possa riassumere il Gaslini uomo e musicista, per far comprendere a chi non lo ha conosciuto e a chi non sa nemmeno chi sia, penso naturalmente ai più giovani, chi è stato e perché, a dieci anni dalla sua morte, la sua presenza e la sua arte mancano terribilmente alla musica odierna.

Giorgio era un uomo d’altri tempi, caratterizzato da un’eleganza rara, in tutto, e da un eloquio raffinatissimo, che tuttavia sapeva con straordinaria saggezza e tempismo, demistificare in battute folgoranti, infilando, in mezzo al migliore e più raffinato linguaggio possibile, un sacrosanto «cazzo!», al posto giusto. Narratore e conversatore ineguagliabile, uno dei pochi che abbia saputo farmi stare zitto ad ascoltare…!

Andrea Bedetti

 

  • La copertina del primo libro che Adriano Bassi ha dedicato a Giorgio Gaslini.

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