Il bassista Aldo Mella, che suona con il musicista meranese da quasi venticinque anni, ha voluto presentare undici brani del celebre pianista rivisitandoli con l’apporto della chitarra elettrica e del clarinetto e con l’accompagnamento del basso elettrico e della batteria. Il risultato è stato fissato in un CD, pubblicato dalla Da Vinci Jazz, intitolato emblematicamente ElectricFranco. Reimagining the Music of Franco D’Andrea
Il nome di Franco D’Andrea evoca inevitabilmente dolci ricordi per chi, come il sottoscritto, ha ormai una certa età. Questo perché, oltre ad essere attualmente uno dei maggiori pianisti della scena jazz internazionale, l’artista meranese a metà degli anni Settanta ha fatto parte di uno dei gruppi musicali italiani più preparati e “colti” dell’epoca, il Perigeo (la formazione storica, oltre a D’Andrea, vedeva Giovanni Tommaso al contrabbasso, Claudio Fasoli al sax, Tony Sidney alla chitarra e Bruno Biriaco alla batteria). Ma, oltre ad essere un valente pianista, lo testimonia il fatto che fior di artisti americani, tra gli altri Lee Konitz e Phil Woods, lo apprezzino e si esibiscano con lui, Franco D’Andrea è anche un compositore che in fatto di linguaggio jazz dice la sua grazie a uno stile personale, risultato di decenni trascorsi ad affinare e a limare questo genere musicale, un linguaggio che non rinuncia mai a una nervatura melodica assai raffinata.
Il bassista Aldo Mella, che suona con il musicista meranese da quasi venticinque anni, si è reso conto che la vena compositiva e i relativi risultati creativi di D’Andrea sono tali da essere, per così dire, “trascritti” per un quartetto assai particolare, formato da clarinetto, chitarra elettrica, basso elettrico e batteria. Conscio di ciò, ha quindi pensato di coinvolgere altri tre musicisti di razza, quali Francesco Bearzatti al clarinetto, Alessandro Chiappetta alla chitarra elettrica, Elio Rivagli alla batteria e lo stesso Aldo Mella al basso elettrico, per dare vita a un progetto discografico che ha preso forma con un CD pubblicato dalla Da Vinci Jazz e intitolato emblematicamente ElectricFranco. Reimagining the Music of Franco D’Andrea.
Il frutto di questo progetto è dato così da undici brani di D’Andrea “rivisti e restituiti”, senza stravolgerne la struttura originale, soprattutto grazie al sapiente contributo della chitarra elettrica di Alessandro Chiappetta e del clarinetto di Francesco Bearzatti. Se il primo riesce a cementare le strutture e le libertà ritmiche che si presentano nel corso di uno stesso pezzo, il secondo è una libellula che riesce a volare sul pelo dell’acqua senza mai bagnarsi, nel senso che si lascia andare a soliloqui che sembrano partire per la tangente, ma che invariabilmente si riannodano al costrutto generale senza sfalsare o squilibrare il tutto (penso al brano Barossa). Certo, talvolta il clarinetto risulta essere più disciplinato, maggiormente consono alla struttura e al coinvolgimento portato dagli altri strumenti, pur mantenendo una propria distinzione, una certa autonomia sul campo (un esempio di ciò è il pezzo m2+M3), oppure offrendo un’aderenza totale da ciò che viene proposto in qualità di “tappeto d’accompagnamento”, come nella trasognata Slow Five.
Sia ben chiaro, non è che la chitarra elettrica di Alessandro Chiappetta si accontenti delle briciole, ma il suo compito di “giudice tutelare” all’interno del quartetto fa in modo che la sua performance sia all’insegna di quanto più ortodosso, di più “logico” ci possa essere nel suo rapporto con lo strumento a fiato di Francesco Bearzatti (oddio, a volte, come in Douala, anche la chitarra cede momentaneamente a voli pindarici, cercando di seguire i voleri schizofrenici del clarinetto, ma per fortuna qualcuno in precedenza l’ha legata a una corda, in modo che non si potesse perdere nella volta celeste… ). Il fatto è che la scrittura di Franco D’Andrea, ribadita e “ingrandita” dall’intervento “trascrittivo” di Aldo Mella, si muove su più piani (quanto mi ricorda la magistrale lezione impartita ai tempi dal Perigeo!), i quali a un primo ascolto appaiono quasi slegati, non dico ovviamente sconclusionati, ma non percepiti come elementi di una struttura comune in grado di accoglierli tutti però, riascoltando con attenzione (e compartecipazione), ci si rende conto che la bravura compositiva dell’artista meranese sta proprio nel fatto di far apparire una cosa, mentre poi si disvela sotto la forma di un’altra. E la magia sta nel fatto che questo disvelarsi fa affiorare una maggiore coesione, un puzzle in cui tutti i vari tasselli trovano il loro debito spazio per andare a formare un’immagine che prima non poteva essere minimamente concepita.
L’immagine che, quindi, ne viene fuori, e questo vale per tutti i brani proposti da Aldo Mella, è di un risultato sonoro in cui coesione, eleganza, raffinatezza melodica, gusto della comunicazione, proficui accenni schizofrenici a parte, si uniscono per dare vita a un procedere nel quale l’originalità della scrittura di D’Andrea si mantiene salda, integra, perfettamente riconoscibile nel suo DNA, pur se imbellettata, non certo come una battona, ma da gentildonna invitata a Buckingham Palace, dalla sapiente mano di Aldo Mella, il quale con il suo basso elettrico non è che stia proprio a guardare (si ascolti March, tanto per essere chiari), tenuto conto che il suo gocciolare timbrico intende ricordare con un chiaro rappel à l’ordre che il traffico dev’essere sempre disciplinato, se vuole essere scorrevole. E, a proposito di traffico e di scorrevolezza, non bisogna dimenticare la figura di Elio Rivagli, la cui opera di raccordo, di distribuzione ritmica è semplicemente insostituibile e indispensabile: questo vale quando il suo apporto è declamatorio, assertivo, così come quando si fa soffuso, velato, ma respiro vitale (lo si ascolti in New Calypso).
La presa del suono risulta adeguata nel suo compito di restituire al meglio le magie sonore dei quattro strumenti, e ciò avviene grazie a una dinamica più che sufficiente, un mix di velocità, buona naturalezza e marcata energia. Se ne avvantaggia il palcoscenico sonoro, nel quale strumenti e artisti trovano la loro collocazione corretta e plausibile a una discreta profondità, senza pregiudicare né la messa a fuoco, né un’irradiazione sonora che soddisfa sia in altezza, sia in ampiezza. Buono anche l’equilibrio tonale, con il registro medio-grave e quello acuto che risultano essere sempre ben distinti tra i quattro strumenti. Infine, il dettaglio si fa notare per la matericità capace di restituire una piacevolissima tridimensionalità.
- Franco D’Andrea – ElectricFranco. Reimagining the Music of Franco D’Andrea
- Francesco Bearzatti (clarinetto) – Alessandro Chiappetta (chitarra elettrica) – Aldo Mella (basso elettrico) – Elio Rivagli (batteria)
- CD Da Vinci Jazz C00737
Giudizio artistico 4/5
Giudizio tecnico 4/5
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