Il direttore americano, il tenore parmense e il soprano statunitense furono i protagonisti di una registrazione della RCA effettuata nel 1967 a Roma del lavoro verdiano, ora riproposta dalla Urania Records in due CD, un’incisione che presenta molti aspetti favorevoli e pochissime pecche. Vediamo quali.

La discografia che riguarda l’Ernani di Giuseppe Verdi ovviamente vanta diversi titoli che hanno coinvolto nel tempo direttori d’orchestra e cantanti di notevole importanza. Tra questi c’è anche quello in oggetto in questa recensione, la celebre registrazione della RCA fatta nel 1967 con Thomas Schippers sul podio, con l’Orchestra e il Coro del Teatro dell’Opera di Roma, e con voci, tra l’altro, del calibro di Carlo Bergonzi nel ruolo di Ernani e Leontyne Price in quello di Elvira.

Che questa incisione abbia fatto storia è indubbio, ma è altrettanto indubitabile che abbia dato luogo a critiche e a riflessioni alquanto diverse nel corso del tempo. Questo perché, prendendo come punto di riferimento lo stesso direttore americano, il grande tenore parmense e il soprano statunitense, le caratteristiche direttoriali e la resa canora dei due protagonisti sono state affrontate in modo diametralmente opposto, con una progressiva rivalutazione che è poi stata fatta nei decenni successivi all’uscita del disco.

Cominciamo da Schippers, la cui morte, avvenuta nel 1977, a soli 47 anni, ha fatto scomparire troppo precocemente una rara bacchetta del mondo operistico. Il grande direttore americano fu uno dei più entusiasti sostenitori, anche in tempi non sospetti, di questo lavoro verdiano, e la storia discografica vede, oltre a quella riproposta ora dalla Urania Records, anche quella registrata precedentemente dall’etichetta G.O.P. nel 1965 in una ripresa dal vivo a New York, con Franco Cordelli, la stessa Leontyne Price, Mario Sereni e Cesare Siepi. Il fatto è che quest’ultima versione presenta diversi tagli, secondo una moda (scellerata) degli anni Cinquanta e in parte degli anni Sessanta, ancor più scelleratamente definita “passi esecutiva”, che tendeva solo a esaltare le doti canore delle voci chiamate a interpretare ruoli cardine del teatro musicale a discapito del rispetto di quanto riportato nella partitura. Cosa che, fortunatamente, non avviene nell’edizione del 1967, che vede tra l’altro un Bergonzi in grande spolvero, soprattutto nella resa psicologica del personaggio Ernani.

Il grande direttore americano Thomas Schippers, morto nel 1977 a soli 47 anni.

Ma torniamo a Schippers che, evidentemente conscio di alcuni difetti e di manchevolezze che si avvertono nell’edizione del 1965 dal vivo, ottiene dall’Orchestra del Teatro di Roma, che poi è fondamentalmente quella collaudata e versatile di Santa Cecilia, una resa timbrica, un coinvolgimento sonoro tra le varie sezioni, un afflato con le voci nettamente superiori. Inoltre, come fece rilevare a suo tempo Rodolfo Celletti, il direttore statunitense fu in grado di mettere in evidenza le atmosfere cupe, oppressive, quasi claustrofobiche che ammantano le scene delle congiure, così come governando alla bisogna i concertati e i brani corali più infuocati, anche se, ma parliamo di una disamina che va indietro nel tempo, puntò il dito contro una direzione mancante di scintille riguardante il côté romanzesco, avventuroso e frenetico che impregna l’Ernani. Ma queste “pecche”, se così vogliamo definirle, sono state poi smussate nei decenni e sono state diluite a fronte di una visione totale che il nostro direttore è stato capace di fissare con la sua lettura, al punto che anche grazie a questa sua direzione che Schippers è riuscito a ritagliarsi un posto di direttore verdiano in un’epoca in cui le grandi bacchette consacrate al maestro di Busseto di certo non sono mancate.

Il soprano americano Leontyne Price, apprezzato anche nel repertorio operistico italiano dell’Ottocento.

Per ciò che riguarda Bergonzi, e qui riprendiamo l’analisi iniziata sopra, se la critica coeva non fu tenera nei suoi confronti (lo stesso Celletti che lo ammirava e lo idolatrava, definì la sua prova discografica in oggetto insufficiente in quanto «non si è impegnato a fondo, non ha scavato il personaggio, né ha messo a partito tutte le sue risorse di fraseggiatore vario e colorito»), quella più recente ha invece, giustamente, messo in risalto il fatto che ci troviamo di fronte, ancora una volta, alla voce tenorile più autenticamente verdiana del dopoguerra in fatto di accento, di colore, di ricchezza nella paletta dei chiaroscuri, di aderenza alla pagina affrontata non solo in termini musicali, ma anche e soprattutto per ciò che riguarda il suo spirito, mettendo in evidenza anche il suo prodigioso legato.

Carlo Bergonzi. Il grande tenore parmense è stato una delle voci verdiane più acclamate del secondo dopoguerra.

Anche la Price, rispetto all’edizione del 1965, si trova maggiormente a proprio agio con il personaggio di Elvira. Tanto per cominciare, il miglioramento concerne la dizione, in quanto l’italiano che canta a new York è francamente ingarbugliato, pasticciato, mentre a Roma fortunatamente dimentica di essere americana e il suo approccio al libretto di Francesco Maria Piave è più consono a un italiano più riconoscibile e, soprattutto, porge a favore di maggiori sottigliezze psicologiche che il suo ruolo impone, merito, evidentemente, di un preparatore linguistico all’altezza. E poi, l’agilità che dimostra nei passaggi più ardui e il dominio sulle note gravi, che sono più disciplinate e meno anarchiche rispetto all’edizione di due anni prima, anche se non mancano carenze o difetti, come quelli dimostrati nella cabaletta di apertura. Nulla, però, a confronto di un ruolo in cui a New York si trovò sovente a malpartito.

Infine, i comprimari: Mario Sereni nel ruolo di Don Carlo ed Ezio Flagello in quello di Silva. Validi, indubbiamente, anche se non a livello dei due sopra, soprattutto rispetto a quell’autentico ira di Iddio che è stato Bergonzi. Sereni se la cava con un canto più che apprezzabile, anche se come baritono si trova un po’ in difficoltà con gli acuti, mentre il secondo si barcamena con sufficiente disinvoltura, ma non dimentichiamo che deve fare i conti con Cesare Siepi, presente nell’edizione newyorkese. E il che non è poco.

Da un punto di vista tecnico, la presa del suono effettuata dai tecnici della RCA riesce ancora a resistere nel tempo, senza fare gridare allo scandalo. La compagine orchestrale è ben centrata al centro dei diffusori e la dinamica che le fornisce linfa è sufficiente per restituire sfumature timbriche da una parte e volume sonoro nel tutti dall’altra. Per ciò che riguarda le voci, la massa corale si fa apprezzare nella sua ricostruzione senza andare improvvidamente a coprire l’accompagnamento orchestrale, così come i solisti, sempre idealmente posti all’interno del palcoscenico sonoro e contraddistinti da un equilibrio tonale di buon livello nella restituzione del registro acuto e di quello medio-grave.

Andrea Bedetti

  • Giuseppe Verdi – Ernani
  • Carlo Bergonzi- Leontyne Price – Mario Sereni – Ezio Flagello – Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma – Thomas Schippers (direzione)
  • 2 CD Urania Records WS 121.418

 

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