A conti fatti, «Crazy Jungle» è un disco che ama, soffre, sorride, canta, urla, aprendo le porte dell’anima su tanti mondi possibili da esplorare attraverso la musica.
Ci sono dischi che riflettono la contemporaneità in tutti i suoi aspetti più reconditi, perfino quelli contraddittori. La nostra è un’epoca in cui i sistemi e le forme artistiche si accavallano, si contaminano e s’intersecano. «Crazy Jungle» di Marika Pontegavelli – che nel nome sembra già descrivere una fitta varietà di piante creative, le quali si avvinghiano l’una all’altra – è un lavoro che non sfugge alla catalogazione di «musica contemporanea multitasking», dove il jazz, perfino in formato canzone, funge da scenario ideale ad una piattaforma di lancio, da cui si dipanano e s’involano altri stilemi, i quali vanno dal rock, almeno nel mood, al pop da airplay radiofonico, senza mai scadere nella semplificazione forzata e ruffiana.
La pianista-cantante descrive così la sua opera prima: «Questo disco è molto importante per me: rappresenta il mio primo lavoro da solista, sintesi, nonché punto di partenza, dei miei ultimi quindici anni da musicista. La mia formazione accademica è stata incentrata sulla musica classica: tutto ruotava intorno alla perfezione e all’eleganza. Poi è arrivato il jazz e con esso ho trovato il mio modo di comunicare, la mia forma. Nei miei ascolti e sperimentazioni sono entrati poi il rock, adrenalina liquida, i cantautori sinceri e profondi, la world music e il pop, linguaggio mainstream della mia generazione». Sin da un primo ascolto si percepisce che il disco guarda in molte direzioni, ma concretezza, nonché equilibrio compositivo ed esecutivo contraddistinguono la struttura armonica e l’habitat melodico creato da Marika Pontegavelli, piano e voce, Natalia Abbascià (Le Scat Noir) violino e voce, Andrea Esperti contrabbasso e Tommaso Stanghellini batteria. Tutto ciò si evince immediatamente dall’apertura affidata alla title-track , dove il groove e l’intreccio vocale (con Le Scat Noir) diventano un anello di congiunzione tra certe atmosfere alla Manhattan Transfer e alcune pulsioni afro-beat. «Lycanthrope», introdotta da una linea di basso cupa ed introspettiva, è una ballata soulful dai contrafforti pop, caratterizzata da un dilatato spettro melodico. Intrigante il remake di «You Must Believe in Spring», giocato su un’armonizzazione vocale quasi in call-and-response. Sostiene Marika, forse a voler sottolineare questo suo desiderio di libertà musicale, privo di catenacci e limiti espressivi: «Nella mia carriera ho collaborato con diversi musicisti, con cui ho condiviso esperienza, conoscenza, vita e pubblicato già altri lavori discografici. Tutto ciò è confluito nel mio nuovo disco solista «Crazy Jungle», include sei brani originali e due cover. Perciò non è solo jazz, non è solo rock e non è solo pop: questo disco è fedele a sé stesso, mutevole, cangiante e soprattutto sincero. La musica per me è comunicazione autentica di ciò che vedo e che sento: l’intento del mio disco è raccontare questa emozionante esistenza, inquieta, non eterna».
A conti fatti, «Crazy Jungle» è un disco che ama, soffre, sorride, canta, urla, aprendo le porte dell’anima su tanti mondi possibili da esplorare attraverso la musica. «The Touch Of You» è il primo brano completamente strumentale che si rapprende all’interno di un piccolo concentrato di bop post-moderno. Una camera di decompressione prima che le spire vocali avvolgano nuovamente il parenchima sonoro con «Venus», una progressione sotterranea, quasi sussurrata, dove il violino raggiunge profondità abissali e le armonie vocali diventano riti apotropaici. «Fumo Blue», con il testo scritto da Ginevra Benedetti (Le Scat Noir), è una ballata intima, brunita ed insanguata di blues, a cui le stringhe del violino aggiungono assertive sfumature di pathos. «Mi ritrovo molto in questa frase di Duke Ellington – dice la Pontegavelli – ci sono due tipi di musica: la musica buona e tutto il resto». Così dal cilindro magico sobbalza «Giostre d’estate», un inno alla gioia di vivere, fatto di giochi armonici sull’acqua, fra terra e cielo, un componimento strumentale, almeno senza testo, su cui la voce viene spalmata tramite un incisivo vocalizzo. In chiusura un’altra cover, «Skyward Bound» di Mike Mainieri», arricchita per l’occasione da un testo e declinata con un modus agenti che ricorda vagamente Joni Mitchell. «Crazy Jungle» di Marika Pontegavelli è un album non sempre immediato, poiché basato su una complessa e ricercata tela armonica, sia pure non complicata ed elitaria, ma piuttosto di forte intensità emotiva e di facile combustione per anime attente e sensibili.
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