Un nonetto che restituisce al mondo una dimensione inedita di Bruno Martino, meno sdolcinata e nightclubbing, ma più vicina al nucleo gravitazionale delle sue composizioni, sulla scorta di ambientazioni orchestrali molto più groovy, audiotattili ed afrologiche.
Il 2025 è un anno importante per la figura di Bruno Martino, jazzista, entertainer e cantante sopraffino. Per una strana combinazione si potrebbe celebrare un doppio anniversario: a giugno saranno 25 anni dalla morte ed a novembre 100 anni dalla nascita. Mentre in America e nel resto del modo Bruno Martino è ricordato (schedulato) come un jazzman a tutti gli effetti, in Italia sovente viene associato ai cantanti da Night Club. Negli anni quaranta, Martino debuttò come pianista e compositore jazz, caratterizzandosi nel decennio successivo con il Quartetto Bruno Martino. Fu solo per un caso fortuito, dovendo sostituire momentaneamente il cantante del suo gruppo, che scopri il proprio talento canoro. All’epoca della sua massima affermazione sul mercato, una parte del catalogo dell’artista romano, per finalità commerciali, venne pubblicato con arrangiamenti eccessivamente melodici legati all’intrattenimento leggero che non rendevano di certo giustizia ad un certo repertorio in possesso di una vocazione ed un imprinting jazzistico. Oggi, grazie a «100 Estati / Omaggio a Bruno Martino» di Fabio Morgera Antonio Barbagallo NYC Nonet, pubblicato da MUJIC, l’artista romano viene collocato nel suo alveo naturale, attraverso una reinterpretazione di alcune pietre miliari del suo catalogo che diventano dei veri e propri gioielli di jazz cantato.
Eccellente il lavoro sugli arrangiamenti operato da Fabio Morgera, trombettista di lungo corso, docente, compositore e produttore, con un’esperienza maturata ed un’attività conclamata attraverso una permanenza venticinquennale in USA; fondamentale, per la buona riuscita del progetto, la presenza del «socio di maggioranza», il cantante italo-americano Antonio Barbagallo e del supporto di sette strumentisti statunitensi di alto lignaggio: Bruce Williams sax alto, Berhani Woldu sax tenore, Jason Jackson trombone, Frank Basile sax baritono, Brandon McCune pianoforte, Gregg August contrabbasso e Jaret Spears batteria. Un nonetto che restituisce al mondo una dimensione inedita di Bruno Martino, meno sdolcinata e nottambula, ma più vicina al nucleo gravitazionale delle sue composizioni, sulla scorta di ambientazioni orchestrali molto più groovy, audiotattili ed afrologiche. Per quanto musicisti di varia estrazione, in passato, si siano attardati nella riproposizione di «Estate» (meglio conosciuta come «Odio l’Estate»), mai nessuno aveva tentato prima una rilettura jazz di tante canzoni di Bruno Martino, almeno con risultati accettabili, sottraendole alle sabbie mobili del cliché del sentimentalismo per anime perdute nella notte, tanto che oggi si potrebbe parlare di scoperta di un vero e proprio ItalianJazzSongBook. Morgera e compagni riportano alla luce un giacimento aureo di tesori che, in futuro, potrebbero fare la felicità di tanti musicisti jazz italiani e non. Parafrasando Sonny Rollins, si potrebbe dire che abbiano aperto la stanza segreta di una piramide.
Bastano le prime swinganti note dell’opener «Se Mi vuoi», che i fiati e la voce di Barbagallo calano in una dimensione da perfetta soul-jazz ballad. Gli arrangiamenti sono ampi ed ariosi e gli strumenti di prima linea trovano un terreno fertile per una serie di piacevoli improvvisazioni, fino al ritorno in auge del cantante che ne esalta il mood. A seguire, «E la chiamano Estate» che Martino pubblico nel 1965, quasi un sequel conflittuale con la stagione delle vacanze e degli amori fatui. Il Nonetto la traduce in una ballata soulful con accentazioni blues, in cui la voce solista diventa un perfetto io narrante e dove la struggente tromba di Morgera secerne pathos e miele mille millefiori, mentre il pianoforte di Brandon McCune ci mette il carico da undici. «Casa hai trovato in lui», ripropone ancora il cantato testualmente non convenzionale di Martino – ripreso da un Barbagallo perfettamente calato nella parte – in cui emergono i contrasti relazionali uomo-donna, magnificamente sottolineati da una brillante e scanzonata orchestrazione che con i fiati, sax e trombone, puntella talune zone d’ironia e di distacco. «Fai Male», viene ricontestualizzata in un habitat brunito e crepuscolare, intarsiata da una tromba che fa emergere dal sottosuolo dell’anima essenze preziose, mentre il pianoforte e la voce gli offrono tutta la loro complicità. «Odio l’Estate», il capolavoro del pianista-crooner, pubblicato nel 1960, è una canzone avanti anni luce per quelli che erano i modesti standard italici del periodo. Il testo è modernissimo e gioca su un concetto all’epoca non contemplato, ossia «l’odio». Siamo in un’epoca in cui tutto si scioglieva nella melassa del cuore, dell’amore e dei fiori. «Odio L’Estate» riportava in auge il concetto ovidiano di «Odio et Amo». Nello specifico Morgera e soci, ne fanno un odissea soul-jazz espansa e dilatata con screziature sonore da post-bop contemporaneo. «Isabel» diventa un mid-range, in cui le narrazioni canore sono intervallate da una tela melodico-armonica a maglie larghe, che consente l’incursione dei fiati a rotazione. In conclusione, «Calypso Bebop», uscito come singolo, uno hard-swingin dal tinge latino che fa emergere la componente più festante di Martino, decisamente rivitalizzata dal nonetto di Morgera e Barbagallo. Dulcis in fundo, c’è anche una bonus-track: una vera chicca rappresentata dalla versione live di «Estate» suonata dall’indimenticabile Massimo Urbani. «100 Estati / Omaggio a Bruno Martino» di Fabio Margera Antonio Barbagallo NYC Nonet, è lavoro realizzato cum grano salis che esalta, non snaturando mai, le matrici originali del materiale usato, un tributo intelligente al repertorio un artista completo, musicista, compositore, autore, intrattenitore che, a distanza di settant’anni, non ha perso ancora nulla sul terreno dell’attualità.

Iscriviti alla nostra newsletter per rimanere sempre aggiornato.