(Rohrau, 1732 – Vienna, 1809)

La musicologia tedesca ne ha fatto una specie di patriarca con tanto di stirpe devota e innumerevole, e in aggiunta lo ha elevato a padre della patria in terra austriaca. Una figura solida, irreprensibile, non proprio geniale ma alla quale tutti devono qualcosa. Persino l’immagine dell’uomo – una brava persona, coscienziosa, serena, ironica – ha finito per rappresentare quel lato apollineo dell’artista visto in chiave borghese, ovvero rispettoso delle convenzioni sociali, ordinato, metodico, disciplinato: insomma, l’antitesi del genio dionisiaco, tormentato e sublime. Tutto vero. Ma è anche vero che se si chiedesse a qual-cuno se ricorda un tema, uno qualunque di Haydn, costui resterebbe perplesso e in genere risponderebbe che di questo musicista fa testo l’opera complessiva, l’insieme di una vita dedicata alla musica. Un buon escamotage, che non risolve il problema ma evita conclusioni disarmanti. Credo che in molti ricorderanno il bel film di Milòs Forman, Amadeus, e il dramma della mediocrità di Salieri che, giunto in fin di vita, suona pateticamente al forte-piano motivetti da lui scritti e a suo tempo famosi, che tuttavia il suo interlocutore proprio non ricorda di aver mai sentito. Be’, piaccia o meno, accade esattamente la stessa cosa con Haydn. Ricordo un’affermazione di Stendhal in viaggio per la Brianza del 1818, in cui il romanziere francese sostiene che la natura bucolica dei colli lombardi avrebbe potuto essere illustrata, in termini musicali, solo da alcune Sinfonie di Haydn. Premesso che sono lombardo, e che tra le 104 Sinfonie di Haydn non ne conosco una in grado di descrivere quel qualcosa che c’è nell’atmosfera del nostro cielo, mi stupisce ancor oggi quell’im-pressione stendhaliana. Proprio lui, che tanta parte di Rossini e del melodramma italiano ha capito come pochi e suggellato in pagine storiche! Haydn, nonché la Brianza, non riesce a descrivere niente, nemmeno l’Austria Felix in cui visse. Sospetto che Stendhal non conoscesse Beethoven. Se ne avesse sentito la Sesta Sinfonia avrebbe forse capito tante co-se: ovvero cos’è un genio e cosa può descrivere la musica di un genio messo di fronte al mistero della natura (ma ne parleremo). Ma Haydn un genio non era. Diventò Haydn, almeno in Austria & Dintorni, proprio perché nei suoi anni migliori, da quelle parti, di geni non ce n’erano. Non a caso, quando arrivò Mozart, di cui Haydn poteva essere il padre, le cose cambiarono subito, e la situazione parve chiara a tutti, anche al nostro musicista, che in qualche modo lo ammise. Nelle storie della musica lo si trova proprio nel cuore classico della musica classica: ovvero nella triade Haydn-Mozart-Beethoven, dove il primo, tanto per stare nell’alveo biblico, è il Padre. Ma è meglio non ingannarsi. Se proprio si vuole restare ai dettami del Pentateuco rivisto in chiave cristiana, allora è meglio parlare di ben altra triade, ossia Mozart-Beethoven-Schubert. Confondere Iddio Onnipotente con Haydn, più che un abbaglio, è una battuta da cabaret. In realtà Haydn era un musicista dotato soprattutto di buon senso, tenacia, lucidità: un artigiano come Salieri, e come Salieri privo di idee capaci di incidersi nella mente e nel cuore di chi ascolta. Scrisse una gigan-tesca quantità di musica, Opera compresa: Quartetti, Trii, Sonate, Concerti, Cantate, Messe e soprattutto Sinfonie in numero smisurato. A differenza di tanti compositori italiani che ancor oggi non hanno una discografia degna di tal nome (Clementi, Cimarosa, Cherubini, Mercadante, Pacini), di Haydn si è registrato tutto, riservandogli le cure dedicate a un Mozart o a un Beethoven. Ma sulle 104 Sinfonie che Haydn produsse non ce n’è una – e sono tutte deliziosamente belle – che si elevi a livello di capolavoro. Potrete sentirle una dopo l’altra, per circa trenta ore, e non avrete mai un momento di smarrimento, di angoscia, di esaltazione. Insomma, Haydn sarà pur stato il padre della Forma-Sonata (ossia del modo di creare Sinfonie con una schema prestabilito, un po’ come la metrica e la prosodia nel Sonetto); sarà anche stato un gentiluomo in parrucca e jabot (l’ultimo esemplare davvero felice dell’Antico Regime), ma quello che oggi ci chiediamo pensando a lui è: cos’ha scritto di così importante da meritare la fama che ha, cos’ha scritto di tanto memorabile da arrivare sino a noi come se dietro il suo nome si nascondesse un nucleo di stupori e di meraviglie? Vale la pena di ascoltarlo, oggi? Francamente non so, ma onestamente credo di poter dire che la conoscenza della musica di Haydn equivale alla lettura di certi romanzieri come Scott o Guerrazzi, che sai che sono stati importanti al loro tempo e i cui libri li trovi ancor oggi in edizione tascabile. Niente di più. Per quanto riguarda poi la sua produzione si tratta perlopiù di musica di corte, nella maggioranza dei casi composta per gli ozi di un potentissimo principe asburgico da un uomo che forse credeva davvero che la monarchia assoluta fosse un’emanazione terrena di un Dio altrettanto assoluto, che il mondo va come va, e che ribellarsi, più che inutile, è un oltraggio a un ordine celeste. Comunque, se proprio si vuole avere un’idea di Franz Joseph Haydn, due o tre CD possono assolvere la bisogna senza tanti affanni. Meglio non annegare dunque in quelle mostruose raccolte complete tipo Haydn Edition in 150 CD e limitarsi a cercare la Sinfonia n. 100, la cosiddetta Militare (ma le Sinfonie di Haydn hanno titoli evocativi che farebbero supporre una sorta di musica a programma e in genere non è vero, poiché intercambiando i titoli non succede niente). La n. 100 fa parte del gruppo delle dodici Sinfonie londinesi, composte cioè durante una tournée del musicista in Inghilterra nel 1790, e finalmente destinate al pubblico. La si può cercare nella sfarzosa, morbidissima interpretazione di Bruno Walter con la Columbia Symphony Orchestra (CBS-SONY). Quello che si trova in questa bellissima interpretazione è proprio un Settecento da olio su tela, con ussari impen-nacchiati e cannoni che quando sparano non fanno male a nessuno, smaltati salotti rococò abitati da qualche putto distratto, scorci rurali che qua e là ricordano Bellotto. Ma è bella, gradevole e magari, ogni tanto, viene anche voglia di risentirla. Lo stesso vale per la n. 104, la cosiddetta London (ma potrebbe benissimo essere chiamata anche Wien o Praha, nessuno se ne accorgerebbe). Stupenda vitalità, impetuosa e solenne come il corso di un fiume è quella della New York Philharmonic di Bernstein. Ineguagliata. Nelle Messe – ne compose circa 14 – Haydn diede, a mio giudizio, il meglio di sé. Vale dunque la pena di ascoltarne almeno una, per esempio la n. 9, Missa in tempore belli, ovvero in tempo di guerra, ovvero nel 1796, in uno dei momenti più incandescenti della reazione monarchica alla rivoluzione francese. Non si sa se la Missa parteggi per gli Asburgo (dato il personaggio credo di sì) o sia un epitaffio per l’irresponsabilità umana. Sta di fatto che a re e corone quella volta andò bene, e Napoleone accettò un compromesso e non mise in ginocchio Vienna. Haydn però aveva ormai prodotto un lavoro degno di ricordo e di ammirazione. Per un altro titolo a sfondo teologico, invece, La Creazione, Die Schöpfung, la produzione discografica ha superato se stessa, realizzando di questo lavoro un’impressionante quantità di regi-strazioni. E’ un Oratorio, che ha un inizio che davvero fa sperare bene, ma poi, come al solito, si spiana nell’usuale conformismo nel quale tutti vanno d’accordo con tutti, il serpente con Yahwè, il Cherubino con Eva e la Mela con Adamo. Insomma, anche nell’epica sumera dell’Eden ebraico Haydn se la cava cattolicamente da par suo, e nessuno ne esce scottato. Le edizioni valide sono tante, ma quella diretta da Antal Dorati per Decca nel 1976 rimane un monumento di non-coinvolgimento: come si deve e conviene con una tale composizione, di cui non un’aria o un corale sono rimasti a imperitura memoria. Del resto – salvo Brahms e le sue Haydn Variationen – non ho mai conosciuto qualcuno che facendosi la barba al mattino fischiettasse un Tema di Haydn.

Discografia consigliata da Alessandro Nava

Sinfonia n. 100 “Militare”,

Columbia Symphony Orchestra

Direttore: Bruno Walter (CBS-Sony, 1961)

Sinfonia n. 104 “London”,

Orchestra Filarmonica di New York

Direttore: Leonard Bernstein (CBS-Sony, 1973)

Missa in tempore belli

Morison, Thomas, Witsch, Kohn,

Coro e Orchestra Sinfonica della Radio bavarese

Direttore: Rafael Kubelik (Deutsche Grammophon,, 1965)

Die Schöpfung (La creazione),

Popp, Hollweg, Moll, Döse, Luxon,

Coro del Festival di Brighton e Royal Phil. Orchestra,

Direttore: Antal Dorati (Decca, 1976)

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