Il rappresentante meno famoso della dinastia musicale del Barocco francese è il protagonista di questa nuovissima registrazione della Stradivarius, che vede Liana Mosca al violino e Pierre Goy al clavicembalo presentare la seconda raccolta delle Sonate pubblicata nel 1765, esemplare sintesi delle istanze melodiche della scuola italiana e di quelle armoniche e colte della scuola francese
Nella nutrita pattuglia familiare dei Couperin, una vera e propria dinastia di compositori ed esecutori che hanno fatto la storia della musica francese barocca, il nome del parigino Armand-Louis Couperin, a differenza di suo zio Louis e di suo cugino François, non spicca in fatto di fama, soprattutto tra quegli ascoltatori che non sono avvezzi a quel periodo musicale. Certo, rispetto ai rappresentanti più blasonati dei Couperin la sua produzione musicale è meno prolifica e importante, ma non dobbiamo però dimenticare che la sua attività nel mondo dei suoni fu concentrata soprattutto sull’insegnamento e sul suo incarico di ammirato organista presso la chiesa di Saint-Gervais nella capitale francese. Tra i suoi vari incarichi vi fu anche quello di docente musicale presso il convento parigino di Port-Royal (che non dev’essere confuso con la ben più celebre abbazia cistercense di Port-Royal des Champs, posta nella valle di Chevreuse, a sud-ovest di Parigi, cuore del pensiero giansenista), dove tra il 1763 e il 1767 ebbe tra le sue allieve anche una fanciulla aristocratica, Anne-Louise-Marie de Beauvau-Craon, la quale lasciò il convento a diciassette anni per andare in sposa a Philippe-Louis de Noailles, principe di Poix.
Che io sappia, non sono giunti fino a noi ritratti di questa aristocratica, famosa all’epoca per la sua avvenenza e per le sue spiccate doti artistiche, a cominciare da quelle musicali, se si tiene conto che nel 1765 Armand-Louis Couperin decise di dedicarle la sua seconda raccolta di Sei Sonate in pezzi di clavicembalo con accompagnamento di violino ad libitum, una raccolta che ora è stata registrata per l’etichetta discografica Stradivarius da Liana Mosca al violino e Pierre Goy al clavicembalo. In un certo senso, la sporadicità con la quale Armand-Louis Couperin componeva, viene confermata dal fatto che ci sono quattordici anni di distanza tra la pubblicazione di questa seconda raccolta rispetto alla prima, avvenuta per l’appunto nel 1751 e dedicata a Madame Victoire de France, figlia di Luigi XV.
La registrazione della raccolta di Sonate pubblicata nel 1765 ci permette di fare un po’ più di luce sullo stile compositivo di Armand-Louis Couperin, stile che è stato ancorato per molto tempo alla definizione che ne diede il viaggiatore e critico inglese Charles Burney, quando durante una sosta in terra francese nel 1770, ebbe a definire la musica del Couperin in questione legata ancora al passato e alla classica scuola francese. In realtà, come spiega dettagliatamente il musicologo Hervé Audèon, specialista nella musica francese per tastiera del XVIII secolo e che ha curato le note di accompagnamento al disco, la prospettiva dalla quale inquadrare oggi il contributo musicale di Armand-Louis Couperin deve necessariamente mutare, anche per comprendere meglio il valore e l’importanza di questa seconda raccolta di Sonate.
Ora, per capire meglio la reale portata dell’opera tastieristica di Couperin bisogna fare un passo indietro nel tempo, più precisamente al 1753, quando la vita culturale della capitale francese fu scossa da una delle più celebri e agguerrite diatribe della storia della musica occidentale, quella passata alla storia come Querelle des Bouffons. Questo “litigio”, che si svolse soprattutto attraverso una serie di scritti e pamphlets, coinvolse da una parte i paladini della musica italiana, che aveva cominciato ad essere rappresentata nei teatri operistici parigini, e dall’altra coloro che erano rimasti fedeli alla tradizione musicale francese, con i primi che inneggiarono alla modernità conferita alla musica dai compositori italiani, a cominciare da quelli appartenenti alla scuola napoletana, i quali proposero un repertorio riguardante non più gesta e personaggi della mitologia greca e latina, ma la quotidianità spicciola, fatta di caratteri reali, ricchi di sfumature psicologiche presentate anche attraverso impianti dichiaratamente comici in nome di una melodia affascinante e coinvolgente (si pensi a La serva padrona di Pergolesi), e con i secondi, invece, fermi saldamente su posizioni eminentemente conservatrici, depositari di un teatro musicale la cui dimensione tragica si univa ancora alle ferree leggi del contrappunto e della fuga, territorio prediletto dei cosiddetti savants, che andavano a solleticare le vie dell’intelletto, ma non certo quelle del cuore.
Couperin con l’opera tastieristica del 1765 si propose un compito decisamente ambizioso, quello di conciliare le nuove istanze melodiche della scuola italiana, inserendole nel tessuto armonico tipico di quella francese, facendo sì che la via del cuore potesse convivere con quella dell’intelletto. Ciò si rese possibile con il fatto che Couperin volle aggiungere ad libitum (ossia “a discrezione”) la presenza di un violino che potesse arricchire il sostrato melodico da immettere nella linea compositiva. Ciò, come ribadisce Hervé Audèon, portò dei frutti a livello di innovazione stilistica all’interno della musica tastieristica francese dell’epoca, in quanto, anche grazie alla concomitante acquisizione e all’apprezzamento delle Sonate per violino di Corelli presso i compositori transalpini, la pratica al clavicembalo, già nella prima metà del XVIII secolo, venne abbinata al suono di un violino in qualità di accompagnamento, come testimonia tra l’altro un articolo apparso sul Mercure de France nell’agosto 1729, in cui si evidenzia come Marguerite-Antoinette Couperin, figlia di François, avesse suonato il clavicembalo durante una cena dei sovrani, accompagnata da Monsieur Besson, uno dei violinisti del re.
È interessante notare come la capacità di Couperin di imbastire un dialogo tra il clavicembalo e il violino porti a un risultato che è fondamentalmente quello di un suono che è paragonabile, con le debite proporzioni, a quello di massa orchestrale. Ciò è reso possibile anche grazie al fatto di una ricca linea melodica che va a stemperare quella staticità che aveva contraddistinto la musica tastieristica dei decenni precedenti, linea melodica che si ricollega idealmente a quella usata in ambito operistico. Non solo, poiché grazie all’inventiva di Armand-Louis Couperin, anche lo stesso clavicembalo si distacca, come dimostrano queste Sonate, dalle tematiche conservatrici del passato, contrariamente a quanto annotato da Thomas Burney, per accedere a una propria dimensione melodica che interviene e si dispiega nel momento in cui viene a mancare l’apporto del violino.
Per concludere, è ovvio che queste scelte furono fatte dal compositore parigino per stimolare l’avvento di un nuovo gusto, in grado di entrare in sintonia con i cambiamenti radicali che si affacciarono nella società francese della seconda metà del Settecento e che esplosero in maniera deflagrante con l’irruzione della Rivoluzione per le strade parigine che culminarono il 14 luglio con la presa della Bastiglia. Il destino, però, volle che Armand-Louis Couperin non vedesse tutto ciò, poiché il 2 febbraio di quello stesso anno, il compositore trovò una morte del tutto assurda, a soli sessantun anni, travolto da un cavallo imbizzarrito che aveva disarcionato il suo cavaliere, mentre dalla Sainte-Chapelle si recava, come ogni giorno, per svolgere i suoi uffici musicali alla chiesa di Saint-Gervais.
Per questa registrazione, Pierre Goy si è avvalso di un prezioso clavicembalo a due manuali dello svizzero Jacob Stirnemann, risalente al 1777, mentre Liana Mosca ha suonato un violino di Louis Guersan del 1760 circa, ossia strumenti originali dell’epoca di Couperin. Grazie ad essi, per quasi ottanta minuti, ci si può calare, in fase di ascolto, in un tempo in cui la grazia e la raffinatezza timbriche si uniscono in un mix a dir poco irresistibile. La tipica delicatezza cristallina di un clavicembalo di scuola francese si unisce alla setosità di uno strumento ad arco che Liana Mosca esalta con il suo gesto, sempre efficace ed elegante. Entrambi gli interpreti hanno, a mio avviso, un grandissimo merito, quello di aver mostrato abbondantemente le peculiarità tecniche e teoriche esposte brevemente sopra, ossia facendo comprendere con la loro lettura le caratteristiche stilistiche di un clavicembalo votato a imbastire arabeschi impalpabili, sul quale si appoggia il costrutto abbellente del violino, il cui spessore melodico è un quid di un sontuoso fraseggio in cui trova spazio una melodia che evoca riflessi canori.
Un altro aspetto da evidenziare è come Pierre Goy, al di là di una dimensione armonica che si tramuta in edifici musicali di estrema bellezza, permetta alla sfera dello strumento ad arco, grazie a uno stimolante afflato ritmico, di imbastire la sua presenza che non è mai invadente, ma sempre equilibrata e fruttuosa, permettendo così di cogliere meglio la convincente verve compositiva di Armand-Louis Couperin. Da consigliare senza alcuna remora a chiunque ami la musica cameristica barocca.
Anche la presa del suono effettuata da Andrea Dandolo è a dir poco validissima. Questo grazie a una dinamica velocissima, in cui non mancano né una cospicua energia, ne una benefica naturalezza, le quali permettono di riprodurre assai bene il timbro dei due strumenti, salvaguardando la cristallinità del clavicembalo e la setosità del violino. In fase di palcoscenico sonoro, poi, i due strumenti vengono ricostruiti a una discreta profondità, scolpiti al centro dei diffusori, avvertendo come il violino sia posto leggermente in avanti rispetto al clavicembalo. Il suono irradiato non manca di ampiezza e di altezza, aumentando di conseguenza il coinvolgimento dell’ascolto dato da una riproposizione efficace dello spazio fisico nel quale si trovano gli interpreti. Il parametro dell’equilibrio tonale non delude le attese, in quanto i registri dello strumento a tastiera e di quello ad arco sono perfettamente circoscritti e distinti, non manifestando mai difetti di sovrapposizione o di mancanza di messa a fuoco. Da ultimo, il dettaglio evidenzia ancora più la caratura materica incarnata dagli strumenti, con abbondanti dosi di nero che li circondano.
- Armand-Louis Couperin – Sonates en pièces de clavecin avec accompagnement de violon ad libitum
- Liana Mosca (violino) – Pierre Goy (clavicembalo)
Giudizio artistico:
Giudizio tecnico:
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