Una recentissima registrazione della Da Vinci Classics vede l’organista piemontese Christian Tarabbia presentare un affascinante programma di danze rinascimentali e barocche trascritte per organo ed eseguite su un meraviglioso strumento costruito da Gaetano Callido nella Pieve di Santa Maria Assunta a Candide di Cadore alla fine del Settecento
Danze profane eseguite su un organo? È forse codesta un’ingiuriosa eresia, tale da richiedere un redentivo anatema per colpire questo atto blasfemo? No, per nulla, poiché semmai, a livello di nefasta tradizione, siamo noi ad essere in torto, poiché abbiamo purtroppo ancora un’immagine a dir poco baciapilesca, legata indissolubilmente all’organo relegato all’interno delle navate di una chiesa o di una cattedrale e, soprattutto, alla convinzione che solo brani di musica sacra o appartenenti ad una letteratura musicale cosiddetta “alta” meritino di essere eseguiti sulla tastiera e pedaliera organistiche. A parte il fatto che l’organo, soprattutto con i modelli portativi, a partire dalla cultura medievale, è stato uno strumento impiegato nelle corti e nei palazzi aristocratici, è anche vero che le enormi potenzialità e varietà timbriche che questo strumento riesce a esprimere lo ha reso ideale, nel corso dei secoli, ad essere utilizzato nell’eseguire altri generi musicali, compreso quello della danza, la quale ha sempre avuto un ruolo e una funzione sociali votati all’aggregazione e al coinvolgimento.
Per comprendere e apprezzare al meglio ciò che un organo riesce ad esprimere quando viene usato per eseguire brani di danze basterà ascoltare una recentissima registrazione pubblicata dalla Da Vinci Classics, che vede l’organista piemontese Christian Tarabbia presentare un programma con trascrizioni di danze che vanno dall’era rinascimentale fino a quella del barocco su un organo a dir poco strepitoso per ricchezza timbrica, quello costruito da Gaetano Callido tra il 1797 e il 1799 e che si trova nella Pieve di Santa Maria Assunta a Candide di Cadore, in provincia di Belluno.
Prima di affrontare l’analisi della registrazione in questione, è bene ricordare come nell’area del Cadore ci siano la bellezza di oltre venti organi storici, per lo più risalenti ai secoli XVIII e XIX, la maggior parte dei quali conservati nello stato originale. Diversi di questi organi furono costruiti da organari veneziani (come Pietro Nachini, Gaetano Callido e Giovanni Battista De Lorenzi), ma anche da artigiani lombardi (Carlo Aletti), marchigiani (Domenico Gasparrini) e romani (Francesco Tessicini). Questa inestimabile collezione, anche grazie a un mirabile progetto di restauro e di conservazione, ha permesso la creazione di un festival, quello degli Organi Storici del Cadore, che dal 1994 a oggi ha proposto centinaia di concerti.
Tornando al disco della Da Vinci Classics, fermo restando che l’organo non equivale esclusivamente a musica sacra, il programma eseguito da Christian Tarabbia ci permette di fare luce su un capitolo affascinante ma pochissimo conosciuto, quello, per l’appunto, del genere della danza reso attraverso il suono complesso e molteplice dato dal “principe degli strumenti”. L’organista piemontese ha proposto una silloge con tredici brani di dodici diversi compositori, che vanno da William Byrd fino ad Antonio Vivaldi, passando attraverso altri autori anche meno noti. Da parte mia, invece di seguire l’ordine dato dalla tracklist, preferisco farlo a livello cronologico.
Dell’unico compositore anonimo proposto, un musicista olandese risalente al XVI secolo, Tarabbia presenta un brano appartenente al cosiddetto Manoscritto di Susanne van Soldt, titolo che viene dal nome della sua presunta compilatrice, ossia una ragazza sedicenne di Anversa che, a quanto pare, fuggì a Londra a causa delle persecuzioni religiose. Non sarà mai chiarito il fatto se sia stata lei oppure i suoi genitori a copiare un repertorio musicale composto da trentatré brani appartenenti sia al genere sacro, sia a quello profano, visto che trovano posto pezzi basati sui toni del salmo, così come altri decisamente più leggeri e prosaici, tra cui quello scelto da Tarabbia, ossia il Brabanschen ronden dans ofte brand, che può essere reso in italiano come “La gente del Brabante balla intorno al fuoco”, un brano tipicamente “campestre”, in cui il suono mimato dell’organo rende perfettamente quello di strumenti a fiato che si confrontano con il canto degli uccelli.
Oltre ad essere stato creatore di inestimabili pagine dedicate alla musica sacra, l’elisabettiano William Byrd seppe distinguersi anche nel genere profano, come testimoniato dalla sua raccolta My Ladye Nevells Booke, un manoscritto attualmente conservato presso il British Museum (MS Mus. 1591), appartenuto per secoli alla famiglia Neville e contenente quarantadue pezzi per strumenti a tastiera, principalmente per il virginale. La dedicataria di questo manoscritto fu probabilmente Elizabeth Bacon, che in seguito andò in sposa a Sir Henry Neville di Billingbear House. Alcuni brani di questo inestimabile tesoro musicale portano la dicitura my ladye nevell nel titolo, tra cui il primo, quello registrato in questo disco.
Sempre restando in terra d’Albione, è presente anche il grande John Dowland, il cui nome è passato alla storia per le sue Lachrimae Pavane, originariamente create per il liuto e che qui Tarabbia ne presenta quella nella trascrizione effettuata per tastiera proprio da William Byrd. Potrebbe sembrare strano che composizioni così tristi e dolenti si possano accoppiare al concetto di danza, ma questo fa parte del nostro ingombrante bagaglio di luoghi comuni, poiché non necessariamente il ballo fa rima con gioia o con spensieratezza, come dimostra perfettamente questa trascrizione, in cui le lacrime scorrono sul filo ritmico del brano.
Anche se ancora sconosciuto a molti, il tedesco Samuel Scheidt è stato uno dei più grandi compositori del XVII secolo; oltre a scrivere eccelsa musica, questo autore di Halle fu anche un virtuoso dell’organo e Christian Tarabbia presenta un brano, L’Alamanda (ossia Allemande) detta Bruynsmedelijn, il cui tema portante, a livello di danza, fu utilizzato da diversi altri compositori, tra cui il nostro Girolamo Frescobaldi. Parlare di musica organistica senza prendere in considerazione Jan Pieterszoon Sweelinck sarebbe semplicemente un crimine, cosa che l’organista piemontese non ha voluto macchiarsene inserendo nella tracklist il brano Mein junges Leben hat ein End, SwWV 324, il cui tema e le variazioni che seguono rappresentano un’ulteriore conferma di come la danza potesse in passato dare luogo a sfoghi amari e mesti (la traduzione del titolo, infatti, è La mia giovane vita ha una fine), e rappresenta una composizione ricca di virtuosismo e di sfumature stilistiche.
Sweelinck fu anche uno straordinario didatta e il tedesco Heinrich Scheidemann fu uno dei suoi migliori allievi, esimio organista della cosiddetta “Scuola del Nord” e qui viene eseguita la sua meravigliosa Galliarda ex d, WV 107, la cui resa timbrica è un miracolo di equilibrio ritmico ed eloquio espressivo. Un altro eccelso compositore ed organista tedesco fu Johann Kaspar Kerll, il quale ebbe la possibilità di studiare a Roma con quel musicista geniale che fu Giacomo Carissimi. Kerll fu autore raffinato, padrone assoluto della forma e dell’armonia, tanto che la sua produzione organistica fu studiata e ammirata in seguito da Johann Sebastian Bach e Georg Friedrich Händel. Un esempio di tale raffinatezza è dato dalla sua Passacaglia che Christian Tarabbia ha voluto giustamente inserire nel suo disco, un brano che riesce a incarnare perfettamente l’atmosfera della danza di corte e il linguaggio dotto della variazione e del contrappunto.
Non mancano, ovviamente, autori italiani, come Bernardo Storace, del quale, a livello di notizie biografiche, non sappiamo assolutamente nulla e di cui ci è stata tramandata unicamente la sua celebre raccolta Selva di varie compositioni d’intavolatura per cimbalo et organo, pubblicata nel 1664 in quel di Venezia. L’organista piemontese esegue qui proprio un brano tratto da quella raccolta, il Ballo della battaglia, oltre alla deliziosa Aria sopra la Spagnoletta, due brani che vengono esaltati dalle possibilità timbriche e “ad effetto” dell’organo di Callido. Dall’Italia ci spostiamo poi in Spagna, con due autori ormai pienamente barocchi, Antonio Martín y Coll e Juan Bautista José Cabanilles. Il primo fu un frate francescano di origini catalane, ammesso giovanissimo nel convento di Alcalá de Henarés, per essere poi mandato a Madrid per esercitare la professione di organista. Martín y Coll fu anche autore di due trattati sulla teoria musicale, anche se il suo nome viene sempre collegato al suo Flores de Música, una raccolta di manoscritti in quattro volumi, conservata presso la Biblioteca Reale di Madrid. Nei primi tre tomi, il musicista francescano raccolse opere di alcuni dei maggiori compositori della sua epoca, senza tuttavia indicare la paternità dei brani, anche se poi è stato possibile identificare alcuni di questi pezzi come opere di Cabanilles, Cabezón, Corelli, Frescobaldi, mentre restano ancora dubbi su molti altri. Al contrario, il quarto tomo comprende opere generalmente attribuite allo stesso musicista francescano, delle quali Christian Tarabbia ha voluto presentare quella che porta il titolo di Bayle del Gran Duque, un brano affascinante e sontuoso per ricchezza timbrica e per coinvolgimento ritmico, associati al tipico gusto aristocratico. Invece, Juan Bautista José Cabanilles fu organista della Cattedrale di Valencia e autore di numerosa musica per tastiera, la quale da una parte fedele alla forma e al gusto della tradizione spagnola, dall’altra contraddistinta da influenze appartenenti ad altre scuole, come quella italiana, testimoniata dalla scelta dall’organista piemontese che qui presenta la sua Corrente Italiana.
Siamo ormai nel cuore del grande barocco, rappresentato dagli ultimi due musicisti chiamati in causa, Jean-Baptiste Lully e Antonio Vivaldi. Del primo Tarabbia esegue la Chaconne dalla tragedia in cinque atti Phaëton, trascritto per l’organo da un altro celebre musicista francese dell’epoca, Jean-Henri D’Anglebert. Qui il concetto di danza viene del tutto trasfigurato in un contesto di assoluta nobiltà stilistica, in un concentrato di solennità e di ossequio a quella forma arabescata così cara al barocco. Quindi, non dobbiamo meravigliarci se Christian Tarabbia abbia voluto porre fine al suo viaggio nel mondo della danza espressa con l’organo con un brano che è simbolo stesso della filosofia musicale barocca, la “Follia”, qui articolata da un brano del Prete rosso, vale a dire la stupenda Sonata op. 1 no. 12 “La Follia”, nella trascrizione effettuata dallo stesso organista piemontese.
Sia ben chiaro, tutti i brani eseguiti sono un esempio di bellezza e di simbolo musicale preciso della loro epoca, capaci di rendere l’idea di danza, sia nella sua manifestazione più genuina e trascinante, sia nella sua trasfigurazione data da un piano più elaborato e “intellettuale”, ma è altrettanto vero che la scelta di interpretarli sull’organo di Gaetano Callido in quel di Candide di Cadore ha rappresentato la chiave vincente per conferire a questa registrazione un valore assoluto. Le possibilità timbriche dello strumento, unitamente a un suono straordinariamente “vellutato” e ricco di sfumature, hanno saputo esaltare il nucleo tematico e le esplorazioni sonore dei tredici pezzi, senza dimenticare l’apporto interpretativo dello stesso Christian Tarabbia, il quale ha saputo identificarsi al meglio con la materia sonora da lui affrontata, distribuendo sagacemente la dimensione epocale e psicologica, oltre che ritmica, di ogni autore preso in considerazione. Un atto d’amore, il suo, che si manifesta in ogni singola nota, che diviene atto di decifrazione, di decodificazione, capace di mostrare come un genere, considerato in modo negletto ancora da molti, possa essere nobilitato, arricchito, potenziato dalle possenti sonorità di un organo a dir poco straordinario, le cui qualità sono giustamente riportate, a livello tecnico, alla fine delle note di accompagnamento.
Ecco perché questo è il mio Disco del mese di giugno.
L’altissima qualità artistica è accompagnata anche da quella tecnica, in quanto Manuel Tomadin ha fatto un signor lavoro con la presa del suono. Ciò è stato reso possibile da una dinamica indubbiamente efficace, frutto di una notevolissima energia, anche se non presenta “steroidi” di sorta, unitamente a una velocità che ha permesso il corretto e provvidenziale decadimento degli armonici (e qui sono tanti, ve lo assicuro). Inoltre, una calibrata e azzeccata operazione di microfonatura ha permesso di ricostruire, nell’ambito del palcoscenico sonoro, l’organo a una debita profondità, dando modo allo stesso tempo di far percepire lo spazio fisico posto intorno ad esso, senza presentare nefasti fenomeni di “alone”. Tale profondità non ha messo a repentaglio la messa a fuoco, con una debita irradiazione del suono capace di andare ben oltre il raggio dei diffusori. Inoltre, e questo è sicuramente il parametro migliore, l’equilibrio tonale ha saputo restituire i molteplici registri presenti nell’organo, tutti perfettamente distinguibili e indipendenti gli uni dagli altri, con una pregevolissima precisione di quelli appartenenti alla gamma grave. Così come il dettaglio, da rimarcare in fatto di matericità e con la possibilità di ascoltare i quasi ottanta minuti di durata del disco senza denunciare il pur minimo affaticamento.
- AA.VV. – … A passo di danza. Organ Music on Dance Themes and Variations. Gaetano Callido Organ (1797-99) – Candide di Cadore
- Christian Tarabbia (organo)
- CD Da Vinci Classics C00877
Giudizio artistico 5/5
Giudizio tecnico 5/5
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