Alcuni giovani artisti toscani sono i protagonisti di questa registrazione in streaming prodotta dalla EMA Vinci in cui vengono presentate pagine cameristiche del grande compositore e pianista empolese, del quale si festeggia quest’anno il centenario della morte

Per ricordare l’imprescindibile figura di Ferruccio Busoni nel centenario della sua morte, avvenuta esattamente a Berlino il 27 luglio 1924, la casa discografica EMA Vinci ha messo recentemente a disposizione sulla sua piattaforma web (https://www.emavinci.it/lec/) lo streaming di una sua produzione che ha fissato dal vivo esecuzioni brani dal vivo in concerti dedicati al grande compositore e pianista empolese, in cui il Kammerkonzert Ensemble, formato da un gruppo di giovani musicisti del Centro di Formazione e Cultura Musicale, il pianista di formazione jazz Alessandro Lanzoni, il pianista Beniamino Iozzelli, la pianista Elisa Racioppi e il duo cameristico Giovanni Inglese al violoncello e Giulia Contaldo al pianoforte sono stati protagonisti di un programma che presentava il Concerto per pianoforte e archi in re minore, op. 17, il Preludio e Tripla Fuga BWV 552, noto anche come “St. Anne” per pianoforte, la Kleine Suite op. 23 BV 215 e la Serenata op. 34 BV 196 entrambe per violoncello e pianoforte, oltre alle improvvisazioni in chiave jazz dei Preludi n. 1 e n. 6 dell’op. 37 per pianoforte.

Il pianista e compositore fiorentino Beniamino Iozzelli.

Non esistendo praticamente un booklet o uno straccio di informazioni riguardo tali concerti, si può fare affidamento solo sull’esecuzione stessa e semmai fornire qualche informazione in più sul programma. Il Preludio e Fuga BWV 552 rappresenta una delle molteplici trascrizioni effettuate dal grande empolese per pianoforte da capolavori del sommo Kantor; in questo caso, il brano originale era stato concepito per organo e riguarda una delle composizioni per organo più lunghe e complesse di Bach e dell’intera letteratura organistica classica. Il preludio, semplicemente maestoso, è suddiviso in tre parti, con l’inizio in stile francese, come un’ouverture, e prosegue con un secondo soggetto, estroverso, all’italiana, e si chiude addirittura con una fuga doppia in cinque parti. Come se non bastasse, il tutto si sviluppa mirabilmente in una tripla fuga, anche questa in cinque parti, infarcita da movimenti variati, stretti continui, sviluppi e con il materiale tematico che si richiama a se stesso. Da parte sua, quasi centocinquanta anni più tardi, Busoni fu in grado di “destrutturare” completamente l’architettura bachiana e di riedificarla, non limitandosi a rispettarne ogni fondamento ma evidenziando ancor più ogni voce, fraseggio e accordo. Ne è venuta fuori una pagina straordinaria, la cui complessità formale e la conseguente resa tecnica permettono solo a pochi interpreti di affrontarla e renderla con la dovuta fedeltà d’intenti (uno dei pochissimi in grado di farlo in modo eccelso fu il grande e sfortunato John Ogdon). Il giovane pianista e compositore fiorentino Beniamino Iozzelli, pur non raggiungendo le vette inarrivabili del grande pianista inglese, oltre a mostrare un’indubbia tecnica, a dir poco indispensabile per affrontare una pagina così perigliosa e ostica, è riuscito a immettervi anche una patina di sensibilità espressiva, andando a evidenziare con efficacia l’impianto polifonico e la finissima tessitura della composizione.

Il grande pianista inglese John Ogdon, uno dei più grandi interpreti del Preludio e Fuga “Sant’Anna” di Busoni (© George W. Hales)

Che Ferruccio Busoni sia stato un enfant prodige dell’interpretazione è risaputo, ma lo stesso vale anche per le sue spiccate doti compositive, testimoniate dal Concerto per pianoforte e archi in re minore, op. 17 che compose all’età di dodici anni nel 1878. Questa pagina, sebbene ancora inevitabilmente acerba, mette in evidenza la volontà del giovanissimo musicista di individuare un rapporto fecondo, un equilibrio tra lo strumento solista e l’accompagnamento degli archi, amalgamandolo attraverso una scrittura tersa, come avviene nel drammatico primo tempo, l’Allegro, con un eloquio lirico, già pregno di quelle tematiche così care al tardoromanticismo, che si ravvisa anche nel successivo Adagio, mentre appaiono un po’ più “scolastici” gli ultimi due tempi, ossia lo Scherzo e l’Allegro vivace. Nulla da obiettare sulla lettura fatta dalla giovane pianista Elisa Racioppi, la quale ha saputo essere convincente nel gestire l’impianto virtuosistico della sua parte, oltre a mettere in evidenza una capacità di fraseggio utile per comprendere meglio la brillantezza della scrittura del giovanissimo Busoni. Apprezzabile anche la volenterosa prova dei componenti dell’Ensemble Kammerkonzert, le cui trame timbriche hanno saputo imbastire il dovuto dialogo con lo strumento solista, anche se è un po’ mancato l’apporto di quelle sfumature sonore che vanno ad arricchire lo spessore interpretativo, soprattutto nei primi due tempi del concerto.

La pianista Elisa Racioppi

La Kleine Suite risale invece al 1885. Busoni, sebbene fosse ancora relativamente giovane quando scrisse quest’opera, aveva già al suo attivo una sonata per violino e un quartetto per archi, oltre naturalmente a diverse pagine per pianoforte. La prima cosa da notare in questa composizione cameristica è che nonostante il titolo, ossia “Piccola suite”, questo non corrisponda all’entità delle sue dimensioni, visto che si tratta di un’opera in cinque tempi con una durata equiparabile a quella di una sonata. Questo perché è indubbio che il musicista empolese, quando compose questa suite, avesse bene in mente le opere che Bach aveva scritto per viola da gamba e clavicembalo. E che il genio del Kantor aleggi su questa pagina lo si comprende fin dal primo tempo, un Moderato ma energico, mentre nell’Andantino con grazia che segue l’atmosfera muta in un chiaro ed elegante clima rococò. Il terzo tempo, Moderato ma brioso, che porta il titolo di Altes Tanzliedchen, ossia “Vecchia canzone da ballo”, sembra riecheggiare le atmosfere degli ariosi bachiani. Nel finale, Moderato ma con brio, il giovane Busoni si congeda dall’impronta barocca per abbracciare quella decisamente romantica. Si tratta di una pagina cameristica che non richiede una tecnica virtuosistica, ma un’espressività musicale di buon gusto in grado di adattarsi ai vari stili richiesti per renderla palpitante. Ed è quanto avviene nella lettura fatta dal violoncellista Giovanni Inglese e dalla pianista Giulia Contaldo, i quali sono stati capaci di aderire compiutamente alle sollecitudini presenti nei repentini mutamenti timbrici, imbastendo un dialogo fruttuoso e denso sia in chiave polifonica, sia negli aspetti maggiormente melodici, immettendo, e questo nell’ultimo tempo, la giusta vena drammatica.

Il duo cameristico formato dalla pianista Giulia Contaldo e dal violoncellista Giovanni Inglese.

Lo stesso duo è stato protagonista della Serenata op.34 BV 196 composta nel 1882, la quale sebbene sia esposta in un solo tempo, in realtà è suddivisa idealmente in tre differenti sezioni, con quella inziale e quella finale in tempo moderato e quella centrale in tempo veloce. Al di là del fecondo dialogo che si viene a creare tra i due strumenti, qui Busoni riesce già a manifestare una delle qualità più eccelse della sua capacità compositiva, ossia la padronanza del bagaglio tecnico e la conseguente versatilità di realizzazione. Il giovane duo di interpreti è evidentemente a proprio agio nel rendere la scrittura di questo piccolo capolavoro cameristico così denso di soffuso lirismo che viene equamente suddiviso tra i due strumenti, enunciando, e questo vale soprattutto per il violoncello, un senso melodico assai ragguardevole.

Infine, i Preludi n. 1 & n. 6 dell’op. 37 “rivisti” in chiave jazz da Alessandro Lanzoni. Sinceramente, non sono un ammiratore di questo tipo di operazioni, di questi blend di generi diversi che confluiscono in un risultato che il più delle volte non ha né il sapore della carne, né quello del pesce (e se vogliamo restare in tema gastronomico è come se si unisse un piatto di pasta con uno di riso). Ad ogni modo, il giovane pianista, votato dichiaratamente al jazz con saltuarie escursioni nel genere classico, dimostra di padroneggiare una tecnica improvvisativa con la quale “diluire” il costrutto originale di questi due Preludi, senza che la materia sonora risenta in modo negativo di questo “cambiamento di rotta”. Certo, ma quello che ascoltiamo non è Busoni né, tantomeno, un “metaBusoni”.

Il pianista di formazione jazz Alessandro Lanzoni.

Non essendoci una sola parola dedicata alle informazioni tecniche, vado per intuito. Ascoltando le tracce del disco, mi sono reso conto che provengono probabilmente da concerti diversi, alcune fissate in modo positivo, come nel caso delle due Improvvisazioni di Lanzoni, nelle due esecuzioni del duo Inglese & Contaldo, altre in modo discreto, ossia il Preludio e Fuga “Sant’Anna”, e una deficitaria come il Concerto per pianoforte e archi. Quest’ultimo vanta una dinamica scadente, che va a inficiare inevitabilmente anche gli altri parametri, a cominciare dal palcoscenico sonoro che presenta una profondità eccessiva, con la conseguente perdita in fatto di ampiezza e altezza del suono. Per il resto, la restituzione dell’evento sonoro non presenta squilibri o difetti di rilevanza.

Andrea Bedetti

  • Ferruccio Busoni – Busoni Jam
  • Alessandro Lanzoni (pianoforte) – Beniamino Iozzelli (pianoforte) – Elisa Racioppi (pianoforte) – Giovanni Inglese & Giulia Contaldo (violoncello & pianoforte) – Kammerkonzert Ensemble
  • Streaming live EMA Vinci

Giudizio artistico 4/5

Giudizio tecnico 3,5/5

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