Il Coffee Street Trio, formato da Carlo Maria Barile al pianoforte, Vito Di Modugno al basso elettrico e al contrabbasso e Michele Di Monte alla batteria, ha registrato per la Da Vinci Jazz un intrigante CD dal titolo Dialogoi [Διάλογοι], Johann Sebastian Bach reworked by Carlo Maria Barile, in cui pagine del sommo Kantor, tratte da capolavori quali Die Kunst der Fuge e Musicalisches Opfer, sono state brillantemente decodificate dalla logica del linguaggio jazzistico

I non addetti ai lavori o coloro che non sono appassionati e cultori del jazz sono spesso vittime di un annoso e pernicioso luogo comune, secondo il quale questo genere musicale si basa sull’improvvisazione e che, a causa di questo “improvvisare-sul-momento”, non segua un filo logico nel costrutto musicale, dove per logico s’intende il costrutto armonico, ossia lo scheletro, l’imbracatura, la gabbia che sorregge tutto l’edificio sonoro deputato a una composizione. Ebbene, nulla di più sbagliato, poiché in barba a ciò che possano pensare coloro che sostengono tale assurdità, la musica jazz è il frutto, il risultato di una dimensione trionfalmente e chiaramente logica, anche quando si lascia andare alla pratica improvvisativa. Non per nulla, diversi compositori e interpreti che appartengono al genere della musica classica non disdegnano di studiare e di avventurarsi nei meandri del filone jazz, ben sapendo di trovare un bacino nel quale arricchire la propria esperienza in fatto di armonia musicale, trovando quel giusto e corroborante giovamento per la propria professione “classica”.

Ecco perché non deve meravigliare, e mi rivolgo ancora una volta a quelli che credono che il jazz sia fondamentalmente il risultato di un costrutto “illogico”, il fatto che il progetto discografico pubblicato dalla Da Vinci Jazz, qui preso in esame, veda il sacro nome di Johann Sebastian Bach accostato alle modalità esecutive squisitamente jazz. Questo progetto, dall’evocativo titolo di Dialogoi [Διάλογοι], Johann Sebastian Bach reworked by Carlo Maria Barile, vede un trio di eccelsi artisti, con Carlo Maria Barile al pianoforte, Vito Di Modugno al basso elettrico e al contrabbasso e Michele Di Monte alla batteria, i quali formano il Coffee Street Trio, affrontare alcune pagine-caposaldo della monumentale produzione del sommo Kantor esplorandole attraverso una decodificazione jazzistica, non certo per stravolgerle o per forzarle in una chiave che non appartiene loro, ma per dimostrare che una logica può confrontarsi perfettamente e tranquillamente con un’altra logica, anche se il loro linguaggio espressivo risulta essere differente.

Da qui, si comprende meglio il titolo di Dialogoi [Διάλογοι], che rimanda alla grande tradizione del pensiero filosofico greco, le cui fondamenta, soprattutto dalle speculazioni di Socrate in poi, è fondato su quel formidabile e articolato concetto rappresentato dal λόγος, il cui significato è dato dal punto d’incontro di tre elementi fondamentali, ossia “ragione”, “discorso” e “parola”. Senza contare che tale approccio filosofico, almeno considerando sempre il titolo del disco, va a coinvolgere anche il meraviglioso arcipelago speculativo offerto dai Dialoghi di Platone, uno dei punti supremi di tutta la storia della cultura e del pensiero occidentali, in cui l’emanazione del λόγος viene applicato ed esaltato tramite un confronto dialettico che nasce da un’idea, da uno spunto, persino da un semplice pretesto discorsivo, e portato avanti, amplificato, approfondito e disquisito da più partecipanti, magari riuniti davanti a un banchetto e, più precisamente, a un simposio, come veniva definito allorquando costituiva occasione per discutere argomenti di comune interesse.

I componenti del Coffee Street Trio, protagonisti di questa registrazione.

Ebbene, a questo immaginario “simposio sonoro” siedono per l’appunto la musica dell’immenso Kantor e la pratica jazz, per dimostrare, grazie al Coffee Street Trio, come, mediante il λόγος compositivo, due linguaggi, come quello classico e quello jazzistico, possano rappresentare egualmente con la medesima intensità e la stessa profondità un’“idea” (nel senso platoniano del termine) che si offre all’universalità. D’altra parte, già in passato, come ci ricorda la storia del jazz, un gruppo leggendario come il Modern Jazz Quartet, anche grazie a quel genio musicale che è stato John Lewis, pianista formatosi musicalmente con il repertorio classico, fece comprendere come le tematiche jazz potessero coesistere con una struttura squisitamente barocca e mediante una ricerca contrappuntistica (basterà ascoltare il loro capolavoro discografico Django, pubblicato nel 1956 dalla Prestige Records, per comprendere meglio ciò).

Tornando al disco in esame, questo CD ha avuto origine nel 2016, quando il direttore d’orchestra Rino Marrone ha proposto al Coffee Street Trio un progetto incentrato sulla musica di Johann Sebastian Bach, in particolare su quel capolavoro assoluto che è Die Kunst der Fuge BWV 1080, con un’idea ben precisa e affascinante: eseguire alcune fughe alternando le versioni classiche e gli arrangiamenti jazz. Come spiega lo stesso Carlo Maria Barile nelle succinte note introduttive al CD, «Le idee musicali qui proposte sono sviluppate prendendo spunto dagli elementi tematici, armonici e compositivi di Bach e dalla prassi esecutiva e compositiva barocca. Ci sono dialoghi tra periodi storici, tra stili e generi musicali apparentemente diversi, tra luci e ombre nei contrasti tipici del Barocco, ma soprattutto ci sono dialoghi tra persone attraverso lo scambio delle loro idee musicali».

Il direttore d’orchestra Rino Marrone che ha suggerito al trio jazz il progetto discografico che si è poi realizzato con la Da Vinci Jazz.

Così, la playlist è stata suddivisa in momenti interpretativi precisi e diversi, con tre dei dieci brani, eseguiti al pianoforte solo nella versione originale, per la precisione il Ricercare a tre tratto dalla Musicalisches Opfer BWV 1079, il Canon alla duodecima da Die Kunst der Fuge e l’Aria introduttiva dalle Goldberg Variationen BWV 988, mentre gli altri sette, sempre tratti dal BWV 1079 e dal BWV 1080, oltre che dal Preludio BWV 846/1, ossia l’incipit di quel monumento che è Das Wohltemperierte Clavier, vengono trattati “simposiosamente” in chiave jazz. E che il risultato sia di grandissima qualità, frutto di una strabiliante capacità interpretativa da parte dei tre artisti, così come della loro capacità di comunicare “logicamente” e di saper “dialogare” con le loro singole voci, non deve stupire coloro che non potevano minimamente immaginare una siffatta opera di Διάλογοι.

Questo perché Carlo Maria Barile, Vito Di Modugno e Michele Di Monte provengono da studi musicali classici sui quali hanno poi aggiunto quelli che riguardano il genere jazz, formando quella necessaria e indispensabile “crosta” interpretativa per poter maneggiare abilmente un siffatto connubio tra l’arte bachiana e l’applicazione jazzistica. Insomma, la loro è una lettura entusiasmante, riservata a quei palati musicali che abbiano dimestichezza sia con il Kantor, sia con il raffinato linguaggio jazz, senza contare che, al di là della sua efficacia pianistica, Carlo Maria Barile ha saputo decodificare sapientemente la materia originaria attraverso una trascrizione jazzistica di assoluto valore in chiave armonica e melodica. Grazie a questa loro interpretazione, appare chiaro come il concetto di dialogo, e questo vale non solo per Platone, incarni anche un altro significato di indubbia importanza, quello di “passaggio”, nel senso che sia filosoficamente, sia musicalmente, il fascino della sapienza, dell’acquisizione conoscitiva, di ciò che viene dis-velato, passa anche attraverso un’operazione di confronto, di aperta valutazione di ciò che è oltre a quanto già ci appartiene. Ce lo fa comprendere come la visione estetica ed etica della musica bachiana, nel suo passaggio/dialogo, aderisca a una nuova prospettiva dalla quale può essere contemplata e accolta, grazie alla pratica jazz, che non potrebbe mai essere in grado di svolgere se non avesse in sé il dono incommensurabile della “logica”.

I quattro componenti del leggendario Modern Jazz Quartet, capaci di coniugare il linguaggio jazz con il contrappunto barocco.

Massimo Stano ha poi fatto un lavoro davvero encomiabile per ciò che riguarda la presa del suono; la dinamica è velocissima e intrisa di un’elettrificante energia, senza che la naturalezza nel suono venga a mancare. Anche grazie a tale parametro, quello del palcoscenico sonoro si presenta assai ampio e anche ravvicinato rispetto l’ascoltatore, senza però risultare penalizzante e soprattutto scorretto, con i tre artisti che sono ricostruiti con un’indubbia fisicità scenica. Anche l’equilibrio tonale è foriero di chiarezza e di ottima pulizia tra il registro medio-grave e quello acuto offerto dagli strumenti, considerati sia individualmente, sia collettivamente. Infine, il dettaglio si fa apprezzare moltissimo per via delle grandi quantità di nero che circondano gli strumenti, permettendo un ascolto per nulla faticoso.

Andrea Bedetti

  • Dialogoi [Διάλογοι], Johann Sebastian Bach reworked by Carlo Maria Barile
  • Coffee Street Trio (Carlo Maria Barile – pianoforte, Vito Di Modugno – basso elettrico & contrabbasso, Michele Di Monte – batteria)
  • CD Da Vinci Classics C00753

Giudizio artistico 5/5

Giudizio tecnico 4,5/5

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