Ho avuto modo di applicare e testare una particolare vernice, ideata e prodotta dal ricercatore e progettista Alex Cereda, sul mio impianto di riferimento. Questa vernice, da applicare con il set di pennelli in dotazione al prodotto, modifica drasticamente in meglio la resa sonora della propria catena audio. Lo stesso progettista, in una lunga intervista, spiega dettagliatamente dove applicare la lacca sui punti strategici dei componenti e dei cavi

Il ricercatore scientifico e progettista Alex Cereda, patron della Sublima, mentre applica una versione particolare della lacca Jiva su un violino.

Chiunque si diletti nel campo dell’audiofilia (lo so, lo so, non gettatemi la croce addosso, se oso affermare che essere audiofili sia un diletto, quando invece per molti è una vera e propria missione esistenziale… ), sa perfettamente che per migliorare la qualità di resa del proprio impianto audio non bisogna intervenire solo acquisendo, con il passare del tempo (e dell’esperienza), nuovi componenti, andando così ad affinare la catena riproduttiva, con il conseguente prosciugamento del conto corrente in banca, ma affidandosi, invece, (e questo può essere un aiuto decisivo per le proprie finanze) a una serie di accessori, il cui scopo è quello non di migliorare, ma di permettere a quanto abbiamo già a disposizione, nella sfera dell’hardware, nella nostra sala d’ascolto, di esprimere meglio le proprie potenzialità.

Chi vi scrive, con quello che ha avuto modo di provare, testare, comprare nel corso di almeno tre decenni in fatto di accessori Hi-Fi, potrebbe tranquillamente aprire un piccolo museo, con tanto di vetrinette e bacheche riempite di svariati oggetti che appartengono a questa categoria, ma se devo essere sincero (e chi ha maturato la dovuta competenza in tale campo, lo sa quanto me) molti degli accessori che si trovano sul mercato promettono molto, moltissimo, ma parallelamente mantengono altrettanto poco, pochissimo. Certo, è anche vero, per nostra fortuna, che in questo mare magnum di dulcamariana memoria (leggasi imbonitori), qualche eccezione esiste e sempre per restare nell’ambito dell’esperienza personale, devo ammettere (a prova di smentita) che tra coloro che operano in questo particolare e ristretto territorio produttivo vi è Alex Cereda, patron di una piccola azienda romana, la Sublima, che oltre a proporre nel suo catalogo cavi di alimentazione, di segnale e di potenza, che rientrano nella serie Yasoda, e un particolarissimo fonorivelatore, il Sakura, presenta alcuni accessori che lo stesso Cereda ha definito, creando un neologismo, dei “necessori”, che contribuiscono a far affiorare la reale portata di riproduzione degli impianti nei quali tali componenti sono inseriti. Nel corso degli anni, ormai più di un decennio, ho avuto modo di provare quasi tutti questi suoi accessori, i quali, guarda caso, non sono esposti nel mio virtuale museo del quale ho accennato prima, ma rimangono tuttora “inchiodati” sul mio impianto di riferimento e lì ci resteranno fino a quando “morte non ci separi”.

Ora, se avrete la pazienza e la curiosità di leggermi, vi voglio raccontare una favola, una favola moderna, che potrebbe avere quale titolo un famoso motto latino, ossia Per aspera ad astra, e che può essere tradotto in Attraverso le asperità si accede alle stelle. Un titolo che, come avrete già avuto modo di intuire, cela un’allegoria, in quanto chi si occupa di audiofilia, sa perfettamente che per arrivare alle “stelle” di un ascolto più che soddisfacente da ottenere dal proprio impianto audio, si deve attraversare il tortuoso e impervio sentiero delle “asperità”, fatto di tentativi, di acquisti sovente avventati e deludenti, di smadonnamenti vari, persino di notti trascorse insonni, nell’infruttuoso tentativo di ascoltare la musica riprodotta nel modo più “fedele” possibile. E come in ogni favola che si rispetti, ad un certo punto, arriva una fatina, la quale, mossa a compassione, come nel nostro caso, di fronte allo spettacolo miserevole di un audiofilo in ginocchio davanti al proprio impianto, vinto dalla rabbia e dall’impotenza nel constatare che dopo migliaia e migliaia di euro spesi il suono che esce dai diffusori se va bene non è granché, se va male fa letteralmente cagare, decide, dopo essersi sistemati i capelli rigorosamente azzurri, di agitare la sua bacchetta dorata, con il risultato di donare al malcapitato, sempre nel nostro caso, audiofilo un insperato “miracolo”.

Ebbene, tornando al mondo dei “necessori” della Sublima, questo “miracolo” ha un nome e cognome, esattamente la lacca Jiva (tendo subito a precisare, visto che ho chiamato in causa la fatina in questione, che tale lacca non viene usata per fissare i suoi lunghi capelli azzurri… ). Sì, perché questa lacca, che viene messa in vendita in una boccetta di plastica, dotata di un tappo di sicurezza, dev’essere applicata su diversi punti strategici della catena audio con l’ausilio di un set di pennellini, che sono messi a disposizione da Alex Cereda con la stessa Jiva. Ora, se permettete, prima di continuare con la mia favola, mi levo dalle scatole la fatina che sta cominciando a protestare, visto che si è resa conto di non essere per nulla d’aiuto, e proseguo a parlare della “miracolosa” lacca Jiva della Sublima.

Il prodotto

Per spiegare nei dettagli come funziona e dove dev’essere applicata questa lacca, ho fatto la cosa più semplice e ovvia, quella di aver fatto delle precise domande ad Alex Cereda, il quale si è messo gentilmente a mia disposizione, rispondendo ad ogni quesito. Quindi, adesso riporto le mie domande, con le sue risposte, come se si trattasse di una vera e propria intervista, che ha per protagonista la Jiva, la quale, come recita la succinta presentazione nel sito web della Sublima è una «vernice ad interazione/assorbimento elettromagnetica non conduttiva e composta da vari elementi minerali e vegetali “attivati” da un processo proprietario che ne assicura l’efficacia permanente». Un’ultima avvertenza: se volete ottenere i migliori risultati, seguite alla lettera le indicazioni e i consigli che il patron della Sublima ha riportato attraverso le sue risposte. Io l’ho fatto e vi posso garantire che il mio impianto di riferimento, come poi spiegherò alla fine dell’articolo, adesso, come recita la chiusa dell’ultimo canto dell’Inferno di Dante, è tornato «a riveder le stelle».

La boccetta da 50 ml. di lacca Jiva, testata a lungo sul mio impianto di riferimento.

Alex Cereda, quali sono state le motivazioni che l’hanno spinta a creare questa particolare lacca?

«La creazione della Jiva è fondamentalmente uno dei risultati, a livello di ricerca audiofila, che ho ottenuto negli anni. Una ricerca che affonda le sue radici nel periodo in cui lavorai nel mondo della televisione, quando mi accorsi di particolari fenomeni in ambito elettromagnetico che andavano a influenzare terribilmente sia la qualità video, sia quella audio. Purtroppo, quando ne parlai con i miei colleghi, nel tentativo di porre anche un rimedio a tali problematiche, compresi ben presto che andavo a sbattere contro un muro di gomma, in quanto nessuno si prendeva la briga di analizzare questi aspetti così deleteri. Ho continuato ad occuparmi e a studiare questi fenomeni nel corso degli anni, soprattutto quando, all’inizio del nuovo millennio, ho dato vita alla mia azienda, senza dimenticare che fin da piccolo, anche per questioni familiari, avevo sempre nutrito un grande interesse per i minerali (in famiglia c’erano ingegneri minerari ed eravamo proprietari anche di una cava).

«Così, quando sono approdato definitivamente al mondo dell’audio, forte di alcuni esperimenti condotti nel frattempo, oltre a vantare amicizie e conoscenze con tecnici e specialisti di istituti di ricerca, che mi hanno permesso di fare anche determinati test, mi sono reso conto, e lo sono sempre di più, che noi ascoltiamo solo una parte di quello che viene inciso e in ciò che viene inciso non c’è solo la musica, proprio per via dell’azione deleteria data dai fenomeni elettromagnetici. È così che è nata la prima vernice che ho creato, dopo varie sperimentazioni e tentativi, per essere applicata nel campo della liuteria, ancor prima che sugli apparecchi elettronici. In fondo, la lacca Jiva non è altro che un’evoluzione di quella prima vernice, che è stata affinata, modificata, migliorata nel corso degli anni per essere utilizzata nel campo della riproduzione audio, andando a intervenire su quei fenomeni elettromagnetici dei quali ho accennato».

Su quali principi funziona questa lacca? Da quali “ingredienti” è composta?

«Prima di tutto devo spiegare un concetto assai importante. Un determinato fenomeno, anche in campo audio, è dato dall’incontro/scontro di due elementi la cui esistenza dipende l’uno dall’altro. Questo significa che un elemento “positivo”, come l’informazione data dalla traccia audio, viene a coincidere e a coesistere con l’elemento “negativo”, ossia il disturbo che modifica inesorabilmente la fedeltà e la qualità del suono stesso. Molti, per ovviare a questo problema, hanno pensato di creare delle schermature, in modo da isolare l’elemento “positivo” da quello “negativo”, ma lo schermare se può essere efficace verso l’esterno, non può esserlo altrettanto all’interno dell’apparecchio o del cavo, poiché l’elemento disturbante coesiste già con quello “positivo”. Infatti, se la schermatura protegge da ciò che si trova all’esterno, allo stesso tempo peggiora ciò che si trova all’interno: è come se io, per evitare che lei giochi a tennis in un salone, decida di chiuderla in uno sgabuzzino, dove lei continuerà a palleggiare, ma con il risultato che, non avendo spazio a sufficienza, si troverà spesso la pallina addosso, con il rischio di farsi male. Questo per fare capire che se la schermatura può limitare l’azione di un elemento che si trova all’esterno, causa allo stesso tempo un altro tipo di problemi, in quanto gli elementi che si trovano all’interno della schermatura stessa continueranno ad interagire tra loro. Purtroppo, il segnale audio non viaggia indisturbato perché ha uno spettro di disturbi elevatissimo, disturbi che sono presenti sia in ambito elettrico, sia in quello magnetico e anche meccanico, causando di conseguenza quei fenomeni di interazione così perniciosi per una corretta riproduzione dell’informazione sonora. Il problema, però, non finisce qui, poiché, come ho appena spiegato, il rimedio può essere peggiore della malattia. Questo significa che io per risolvere il problema generato da queste interazioni, devo a mia volta interagire senza sopprimere il disturbo, perché altrimenti andrei a creare un altro problema.

«La creazione di particolari pigmenti, composti da materiali di origine minerale e anche vegetale (la lacca Jiva è formata da circa trenta differenti componenti), mi ha permesso di poter limitare enormemente quei fenomeni elettromagnetici che vanno ad ostacolare la corretta informazione audio. Per entrare nello specifico della lacca, si tratta di una miscela che ho elaborato in anni di studi, ricerche, tentativi, prove, esperimenti, test, misurazioni. Per produrla mi appoggio a un laboratorio che, tramite particolari macchinari, riesce a polverizzare questi componenti che prima vengono accuratamente lavati e decontaminati da tutto ciò che potrebbe rendere inefficace la loro azione. La loro miscelazione avviene grazie a due particolari collanti, uno dei quali è di origine naturale e che viene utilizzato anche per restauri particolari. A questo punto, però, la lacca non è ancora pronta, in quanto prima dev’essere necessariamente “attivata”. Che cosa significa? Che dev’essere “caricata”, poiché alcuni componenti di cui è composta la Jiva se non vengono attivati attraverso un determinato processo restano passivi. Ciò vuol dire che lavorerebbero con un’efficienza molto bassa e non a pieno regime, senza contare poi, che l’efficacia della lacca potrebbe decadere con il trascorrere del tempo. Il processo di attivazione, invece, permette di avere un prodotto che praticamente non decade mai, ma continua a funzionare per interi decenni. E più il processo di attivazione è efficace e più la lacca sarà in grado di funzionare a lungo. Ecco perché, nel corso degli anni, migliorando il procedimento della “carica”, sono riuscito a migliorare la Jiva del trenta/quaranta per cento, non solo a livello di potenza, ma anche di durata.

La boccetta di Jiva, con uno dei pennelli messi a disposizione nel kit, pronta per essere applicata su alcune valvole.

«Sulla base di queste minime indicazioni, è ovvio che la sua realizzazione porta via moltissimo tempo e diverse fasi di passaggio, anche costose, senza contare che questo processo di attivazione prevede anche un periodo di “invecchiamento” della lacca. Quindi, io mi preparo sempre prima i lotti di questo prodotto, in quanto se non ne ho a disposizione e un cliente mi chiama perché ne ha bisogno, io non posso, per i motivi che ho appena descritto, fargliela sul momento. Un’ultima cosa assai importante: il processo di carica è indispensabile poiché solo attraverso di esso l’interazione sui fenomeni elettromagnetici risulti efficace. Tenga conto che, ossessionato come sono dalle misurazioni, in quanto solo queste ultime mi fanno capire la validità o meno dell’efficacia della lacca, vado spesso a misurare campioni della Jiva che risalgono al 2000, ossia quasi un quarto di secolo fa, i quali risultano ancora pienamente attivi. Alla luce di ciò, mi sento di affermare che il processo di attivazione da me adottato, permette alla lacca Jiva di essere efficace per decenni e decenni».

Su quali superfici, apparecchi e quant’altro può essere applicata la Jiva? E per quanto riguarda le valvole, anche su di esse è possibile farlo?

«Posso tranquillamente affermare che la Jiva dev’essere applicata, tramite i pennellini che sono presenti nel kit di vendita, su qualunque elemento del nostro impianto, su qualunque materiale, che esso sia esso isolante, conduttivo o semi-conduttivo. Quindi possiamo utilizzarla, per esempio, su tutti i componenti del nostro sistema, condensatori, resistenze, trasformatori, bobine, connettori, cavi, persino sulla parte della guaina dei cavi, oltre ad essere incredibilmente efficace nelle saldature, in quanto la lacca va praticamente a “spegnere” quelle microcorrenti galvaniche presenti nello stagno, nell’ottone, nel rame, nello zinco quando vengono saldati. Ecco perché la lacca permette di dare luogo, innanzitutto, a un suono molto naturale, oltre a recuperare un maggior numero di informazioni sonore, dando così luogo a una maggiore ricchezza armonica. Bisogna considerare, inoltre, il fatto che la Jiva non è igroscopica; quindi, non assorbe l’umidità che può esserci nell’ambiente, a tutto vantaggio della protezione degli elementi sui quali viene depositata. Altro consiglio importantissimo, quello di dare sempre due applicazioni della lacca sullo stesso punto da trattare, poiché la prima applicazione serve per dare un leggero strato di “aggrappante”, in modo da permettere al secondo strato di depositare meglio i materiali attivi. Inoltre, dev’essere applicata sui telai, esteriormente e interiormente: ne basta una goccia che, allargandosi, assume le dimensioni di una monetina da un centesimo di euro, perché diventi come una “spugna” pronta ad assorbire le cariche nefaste che li infestano, senza dimenticare che la Jiva, non essendo conduttiva, può essere applicata su un intero circuito. Quest’operazione capillare effettuata su tutta la catena permetterà di ascoltare un suono sempre più pulito, più corposo e soprattutto dotato di una maggiore estensione sui registri acuti e su quelli gravi. Infine, mi ha domandato se la Jiva può essere applicata anche sulle valvole. Ebbene, in questo caso è a dir poco consigliatissimo farlo, perché il risultato è davvero incredibile! Anzi, prima fate un esperimento: applicate la lacca sulle valvole di un solo canale. Che cosa succederà? Che il suono proveniente da quel canale risulterà più forte, più ricco, più dinamico, più naturale, più reale rispetto all’altro canale, le cui valvole non sono state ancora trattate. Un ulteriore consiglio: prima trattate le valvole deputate alla preamplificazione e poi su quelle di potenza».

Oltre alla lacca, lei inserisce nella confezione anche un set di pennellini. Per pulirli, che cosa bisogna fare per non rovinarli?

«Allora, prima di tutto sconsiglio, anche se comunque non accade niente di particolare, di utilizzare la trielina o solventi vari per pulirli perché se si mette un pennello, dopo il suo uso con la lacca, sotto il rubinetto dell’acqua, si potrà notare che i legati non essendo aggressivi si sciolgono. Quindi, basterà utilizzare un po’ di acqua e dare un colpetto con le dita in modo che il contenuto rimasto sul pennello svanisca, con il risultato che il pennello ritorna ad essere neutro senza presentare eventuali contaminazioni. Perché non si devono utilizzare i solventi? È presto spiegato: pulendo i peli con la trielina o con prodotti similari, è inevitabile che ne rimanga un po’ sul pennello, con il risultato che intingendolo di nuovo nella boccetta della lacca queste tracce di solvente si mischino con la Jiva. Sia ben chiaro, se ciò accade una o due volte, la lacca non subisce alterazioni, ma se ogni volta per pulire i pennelli si utilizzano dei solventi, per poi intingerli nella boccetta, ci potrà essere il serio rischio di un’alterazione progressiva della lacca, che porterebbe a intaccare leggermente la sua efficacia».

Quali sono, invece, i punti dove la lacca non dev’essere applicata?

«Non ci sono elementi dove la Jiva non possa essere applicata, in quanto apporta miglioramenti in ogni punto in cui viene fissata. Sfido chiunque a dimostrarmi che applicata in un qualunque punto, non abbia sortito effetti, magari in maniera minima, ma sempre apportando un beneficio e un miglioramento, a patto, e ciò sia ben chiaro, che bisogna attendere la totale asciugatura della lacca, affinché non sia conduttiva. Io sono giunto al punto di applicarla perfino all’interno dei trasformatori, e se non ho avuto controindicazioni o problemi con i trasformatori, credo che problemi non ce ne siano con nessun altro componente. Io l’ho applicata ovunque, all’esterno dei distributori di alimentazione, all’interno dei trasformatori, sui condensatori, sulle resistenze, sulle bobine, sui telai, sui conduttori, sulle saldature di elettrici, sugli isolanti, sulle guaine, sui motori dei giradischi, all’interno del lettore CD, vicino al fascio laser, sui chip di conversione, specialmente. Si può metterla ovunque, tranne che berla. Sembrerà uno scherzo o una barzelletta, ma è vero. Nel senso che una volta un cliente mi ha chiesto che cosa sarebbe successo, se suo figlio l’avesse bevuta, insistendo sul fatto che un materiale del genere non va tenuto alla portata di un bambino! Dunque, non mi sembra proprio che sia il caso di attaccarsi alla boccetta della Jiva, quello non è l’uso per il quale l’ho progettata e prodotta!

«Infine, al di fuori del mondo della riproduzione audio e dell’elettronica, la Jiva viene utilizzata anche nei motori automobilistici, visto che viene applicata anche su alcune vetture di gente che va in pista. Credo di avere due o tre clienti che l’hanno utilizzata dove c’è la distribuzione delle candele, delle bobine o delle centraline, ottenendo interessanti risultati».

Quindi, con il passare del tempo, la Jiva non perde le sue caratteristiche e le sue proprietà benefiche?

«Glielo confermo un’altra volta. La lacca Jiva, nel corso del tempo, non perde assolutamente nessuna caratteristica, a patto che non la si vernici; quindi, che non venga coperta da un’altra vernice, o che non si versino sopra di essa altri liquidi, poiché in questo caso verrebbe contaminata, perdendo di conseguenza la sua efficacia. Voglio spingermi oltre, alla luce dei continui test e misurazioni effettuati: ormai, la posso garantire in eterno, tenuto conto che ho le prove che dopo vent’anni è assolutamente inalterata. Senza contare che il mio progetto della Jiva, risalente a vent’anni fa e più, è stato molto più semplice, mentre quello odierno è più sofisticato e più completo, con il risultato che la Jiva prodotta attualmente è ancora più potente ed efficace. Quindi, se non ci sono particolari alterazioni e se non viene contaminata per i motivi che ho già spiegato, questa lacca non è come una batteria che si scarica, ma un prodotto che viene “attivato”, tramite un processo che comunque avrò modo di spiegare con maggiori particolari appena avrò sigillato tutti i brevetti».

Altri punti e componenti dove la particolarissima lacca può essere applicata per migliorare drasticamente il suono della catena audio.

Dopo anni di esperienza, per ciò che riguarda questo “necessorio”, che consigli può fornire all’appassionato, per esaltare al massimo la sua azione?

«Approfitto di questa sua domanda, per fare un po’ una sorta di riassunto, in modo da fornire i consigli più precisi e mirati. Il primo consiglio, fondamentale, è di dare almeno due passate, non fermarsi a una, perché con la prima i pigmenti tendono a depositarsi e ad avere un’efficacia più blanda, anche se già si può avvertire un miglioramento nella resa sonora. Con una seconda passata, però, l’efficacia aumenta a livello esponenziale, in quanto i pigmenti trovano già quelli della prima ai quali “agganciarsi” (fermo restando che anche una terza passata può risultare ulteriormente benefica). Poi, quali sono i primissimi componenti o parti sui quali intervenire? Ebbene, l’esperienza mi ha insegnato che la prima cosa da fare è applicare la lacca sui connettori, posti all’esterno e all’interno dei telai, sia su quelli di ingresso, sia su quelli di uscita, sia su quelli di linee bilanciate, sia sbilanciate. Poi, bisogna andare ad applicarla sulle prese, sulle spine anche se hanno un rivestimento in plastica o in metallo, mettendo qualche goccia della lacca, sempre ricordandosi che la Jiva dev’essere applicata con gli apparecchi rigorosamente spenti, avendo poi l’accortezza di non accenderli fino a quando la lacca non si è asciugata completamente. Poi si può passare sulle saldature, come ho già fatto presente, e sulle parti esterne dei telai, per proseguire sulle guaine dei cavi di segnale e di potenza e sui connettori che si trovano sui diffusori. E, se si possiedono, sulle valvole, esternamente, sul loro bulbo, così come sui cavetti di massa dei giradischi e sulla base dei bracci, persino sui bordi dei compact disc. La regola generale, però, soprattutto quando si ha una nutrita catena audio, è di attuare una politica di applicazione basata sui piccoli passi, anche perché in questo modo ci si rende conto meglio di come il beneficio e l’efficacia della Jiva vada a coinvolgere tutto l’impianto»

A proposito di giradischi, non ha incluso nell’elenco dei componenti la testina. Qui la Jiva non può essere utilizzata?

«Al contrario, sulle testine dei giradischi i risultati sono a dir poco eclatanti! Il problema, e lo preciso fin da subito, è che effettuare questo tipo di applicazione sul cantilever non è semplice e richiede una mano assolutamente ferma! Quindi, questa è un’operazione che ognuno fa sulla base della propria responsabilità. Io, per esempio, proprio per le testine utilizzo una Jiva che vanta una diversa densità, ideale per questo tipo di componente, che però non è in vendita, oltre ad avere a disposizione un microscopio digitale, un microscopio analogico, una potente lente d’ingrandimento e degli attrezzi particolari che mi sono fatto appositamente costruire. Ora, spiegherò dettagliatamente come bisogna applicare la Jiva sui fonorivelatori e se queste indicazioni verranno eseguite pedissequamente, non ci saranno assolutamente problemi. Sono gli stessi consigli che ho già fornito a diversi miei clienti e nessuno di loro, che io sappia, ha avuto poi problemi oppure subito danni.

«Dunque, ricapitolando, agitare bene la boccetta e versare un quantitativo veramente minimo di lacca su un piccolo contenitore, miscelare bene la Jiva senza creare bollicine, intingere la punta dello stuzzicadenti senza impregnarlo, in modo che non possa far gocciolare la lacca durante questa delicata operazione all’interno del cantilever, in quanto il prodotto deve restare unicamente al suo esterno nella parte inferiore e anche su quella superiore. Ripeto, il quantitativo della Jiva da usare dev’essere veramente minimo, senza che la lacca penetri nel corpo della testina!!! Va da sé che, per effettuare questo tipo di operazione, la testina dev’essere smontata precedentemente dal braccio, avendo l’accortezza di porre la testina in una posizione orizzontale, in modo da evitare che la lacca entri in contatto con la bobina. Si tenga conto che se si vuole un processo più accurato, sistematico, in profondità, posso farmi spedire le testine da chi fosse interessato, per poterle trattare in laboratorio con la mia Jiva specifica per testine».

La versatilità della Jiva la rende idonea anche nel trattare modelli della liuteria, a cominciare dalla famiglia degli archi.

«La prima cosa da fare è che bisogna procurarsi almeno una lente d’ingrandimento di buona qualità. Poi, in questo caso non bisogna usare i pennelli, almeno quelli che do in dotazione, ma usarne uno finissimo di quelli impiegati nel modellismo. Se non si ha un pennellino del genere, si può usare tranquillamente anche uno stuzzicadenti di legno. La zona dove si deve applicare un piccolo quantitativo di Jiva è sulla parte inferiore del cantilever, ossia quella sottostante, dove si trova il diamante, ovviamente facendo molta attenzione che la lacca non tocchi né il diamante, né tantomeno lo stilo! Bisogna solo applicarla leggermente nella parte inferiore, quale che sia il materiale del quale sia formata, che sia boro, alluminio o qualsiasi altra lega possibile e immaginabile. A causa delle continue vibrazioni prodotte dalla rotazione del disco, si formano sul cantilever delle cariche di superficie e ciò provoca, di conseguenza, delle micro-distorsioni. Inoltre, non si deve dimenticare, e questo lo aggiungo per fare comprendere meglio quanto sia delicata la lettura di un fonorivelatore che, oltre a queste cariche o correnti, se ne formano altre che sono date dal cosiddetto “biscotto capacitivo” fatto dalla testina, la quale è un trasduttore meccanico/elettrico. Questo significa, come l’ho potuto delineare in un mio studio tecnico/scientifico, intitolato PSC Phantom Signal Correlator, che dalla capacità interelettrica che è presente, il segnale che viene captato, diviene un segnale compromesso che, come vettori di tendenze contrarie, si manifestano tra il vinile relativamente alla massa del giradischi stesso creando dei segnali di interferenza. Insomma, si comporta (semplificato)come un oscillatore a variazione di capacità .Ebbene, applicando la Jiva sul cantilever, la lacca assorbe questo tipo di cariche di superficie, permettendo così allo stilo di essere molto più veloce e anche molto più neutro, in modo da raccogliere con più fedeltà tutte le informazioni sonore, in quanto, grazie all’azione della Jiva, lo stilo stesso riesce ad andare più a fondo nel solco, restituendo con maggiore fedeltà, pienezza e naturalezza le frequenze gravi e acute, e facendo in modo che il timbro sia più naturale.

Qual è, infine, il prezzo di una boccetta di lacca Jiva al dettaglio, comprensivo di IVA?

«Il prezzo finale della Jiva è di 290 euro, comprensivo del set di pennelli. A prima vista, può sembrare cara, ma non lo è, anzi, è poco per l’effetto che ha sull’impianto, come può constatarlo chiunque l’acquisti. Il quantitativo è di 50 ml., più che sufficiente se ben distribuito. Un’altra accortezza da adottare è quella di scuotere energicamente e a lungo la boccetta, prima di applicare la lacca, versando poi un minimo quantitativo di prodotto in un bicchierino o in un piccolo contenitore, e di mescolare la Jiva con il pennellino un attimo prima di applicarla sul punto prescelto. Se il tempo di applicazione supera i venti minuti, è consigliabile continuare a mescolare la lacca già versata e di agitare nuovamente la boccetta, se si deve aggiungerne dell’altra. Si noterà, adottando questi accorgimenti, che la lacca tenderà a schiarirsi, facilitando il processo di attivazione dei pigmenti».

Il test di ascolto

Non nascondo che per seguire alla lettera tutte le indicazioni fornite da Alex Cereda con la sua Jiva, per poter applicare progressivamente di punto in punto la lacca sui componenti interessati del mio impianto di riferimento e attendere che potesse asciugare perfettamente, ci ho messo dieci giorni, un lasso di tempo che ha incluso anche le varie sessioni di ascolto. Ed è stato proprio attraverso questi dieci giorni che mi è venuto in mente il titolo da dare a questo articolo, poiché durante questo lasso di tempo che è coinciso con il progressivo lavoro effettuato dalla lacca, che il mio impianto ha cambiato suono di volta in volta, portandomi progressivamente sempre più vicino alle stelle. Siccome sono uno che dice pane al pane e vino al vino, voglio essere ancora più chiaro: ascoltando quei dischi di riferimento, sia digitali, sia analogici, che conosco come le mie tasche, anzi meglio, mi sono chiesto quante volte un audiofilo o un appassionato di musica che desidera ascoltare con la dovuta fedeltà la sua discoteca, magari non soddisfatto, non convinto dal tipo di suono che esce dalla sua catena audio, si convinca di dover cambiare obbligatoriamente un determinato componente, fare un dispendioso upgrade di cavi, modificare continuamente l’angolazione dei diffusori o inventarsi chissà quali altre diavolerie per cercare di avere un suono più verosimile, più reale, più veritiero. Certo, ognuno di noi, come recita l’imperativo categorico di kantiana memoria, è padrone del proprio destino e, quindi, delle proprie scelte, ma se volete un mio consiglio spassionato, frutto di quei dieci giorni di applicazioni della lacca su tutti quei punti consigliati dal patron della Sublima e dei conseguenti test di ascolto, prima di prosciugare il vostro conto corrente in banca, acquistate una boccetta di lacca Jiva e fate come il sottoscritto.

Da parte mia, per ciò che riguarda i benefici ottenuti dal mio impianto, posso solo dire che adesso il suono che esce dai diffusori respira. Lo so, è un termine, un paragone assai strano, ma è il solo modo di poter spiegare il coinvolgimento totale, globale che ha investito tutti i componenti e la cavetteria della catena audio. Maggiore trasparenza, una naturalezza del timbro, sia per quanto riguarda le voci, sia per quanto concerne gli strumenti, che prima non si presentava, una velocità dei transienti che permette adesso di apprezzare meglio la magia dell’attacco degli archetti sulle corde, la decadenza degli armonici più repentina negli ottoni e nelle percussioni e, soprattutto, la fisicità tridimensionale del luogo nel quale si è svolto l’evento sonoro, che fosse dal vivo o in studio, maggiormente palpabile, come se fosse d’improvviso piombato nella mia sala d’ascolto. Ecco perché, per riassumere tutti questi cambiamenti, il denominatore comune, l’unico termine che li accomuna tutti, può essere di un suono, di una musica che finalmente respirano.

Conclusioni

Solitamente, le conclusioni, alla fine di un articolo di analisi su un componente o accessorio audio, devono vagliare i pro e i contro del prodotto in questione. Questo, almeno per quanto mi riguarda, è uno di quei rarissimi casi in cui le conclusioni sono del tutto inutili, poiché di contro, rispetto a quanto ho potuto appurare, non c’è assolutamente nulla. Nessuna controindicazione, nessuna delusione di fronte a quanto asserito da Alex Cereda, nessuna esagerazione che possa confutare i risultati ottenuti. Solo l’accortezza, l’attenzione, ma questo non dipende in sé dalla lacca Jiva, nel procedere con l’operazione che coinvolge la testina del giradischi: ma questo dipende solo da chi decide di farlo sotto la propria responsabilità.

Per il resto posso solo aggiungere una mia impressione finale: davanti a un risultato simile, 290 euro sono davvero niente. Attendo fiducioso che qualcuno mi venga a dire il contrario.

Andrea Bedetti

  • Lacca Jiva della Sublima di Alex Cereda
  • Una boccetta da 50 ml. e set di pennelli: Euro 290 IVA inclusa
  • Sublima Audio Research – Roma
  • E-mail: sublima@libero.it
  • Sito web: http://www.sublimaresearch.com
  • Telefono mobile: 3475800299
  • Facebook: Sublima Audio Research

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