Il giovane pianista lucchese ha registrato per l’etichetta Galaxie Y un disco con i Cinque Preludi op. 70 e la Sonata n.10 op. 70 del compositore moscovita e i Rilke – Fragmente del musicista contemporaneo francese Jacques Lenot, mostrando un’impeccabile padronanza del programma presentato. Vediamo perché.

Dopo aver debuttato nel mondo discografico con un CD dedicato a brani di Georg Friedrich Händel e di Francesco Geminiani, ora il giovane pianista lucchese Cristian Monti, allievo di Carlo Palese e di Pietro Rigacci, sempre per l’etichetta francese Galaxie Y, ha pubblicato un secondo album con pagine di Aleksandr Skrjabin, per la precisione i Cinque Preludi op. 74 e la Sonata n. 10  op. 70, oltre ai Rilke – Fragmente del compositore contemporaneo francese Jacques Lenot. Il motivo di questo duplice accostamento è presto detto: sia il compositore russo, sia il poeta e saggista austriaco furono dei visionari, deputati a vivere nel solco di ciò che apparteneva al mistico e all’ultraterreno.

Quindi, la scelta del giovane pianista lucchese di presentare l’op. 74 e l’ultima Sonata del compositore russo è da intendersi come emanazione delle ultimissime ed estreme propaggini di Skrjabin rispetto alla visione metafisica ed esoterica che aveva impregnato sempre più la sua produzione musicale, quella racchiusa con il termine di Mysterium. E i Cinque Preludi, che risalgono al 1914, rappresentano proprio l’ultimo opus del musicista moscovita, prima dell’assurda morte che lo colse poco tempo dopo a causa probabilmente della puntura di un insetto al labbro, degenerata in setticemia. Queste cinque brevi e densissime pagine pianistiche (complessivamente la loro durata si aggira sui sei minuti) forniscono un’ulteriore testimonianza di come Skrjabin, a quel punto del suo sentiero compositivo, fosse ormai alle porte della dodecafonia, alla quale sarebbe probabilmente giunto seguendo un tragitto diverso da quello fatto da Arnold Schönberg. Solo che il punto di arrivo da parte del compositore viennese fu all’insegna di una logica armonica a dir poco esasperante, mentre quella di Skrjabin, come si è già accennato, basata unicamente sul progetto metafisico e teosofico del Mysterium

Il compositore e pianista moscovita Aleksandr Skrjabin.

Ma, al di là della loro finalità, l’op. 74 impressiona per via del suo essere scarnificato alla pura essenzialità sonora, testimonianza di una mente creativa giunta ormai al limite della catastrofe personale (quando nel 1913, durante una sua visita londinese, Skrjabin incontrò il celebre direttore d’orchestra Henry Wood, quest’ultimo rimase impressionato dalla prostrazione psicologica e psichica in cui versava il compositore moscovita). Un’essenzialità che riconduceva Skrjabin alla forma da lui sempre amata e perseguita, quella della “miniatura”, la cui densità era tale da permetterne l’accesso interpretativo sotto diversi aspetti. Non per nulla, lo stesso Skrjabin spiegò che questi cinque preludi, come un cristallo che riflette molte luci e colori, potevano essere interpretati per esprimere concetti diversi a seconda del tipo di lettura adottata.

Quella scelta da Cristian Monti è all’insegna di una calda asciuttezza, il che può apparire come un ossimoro, ma che in realtà è un punto di mediazione tra lo sfruttamento del dato essenziale emanato da questi preludi, ma senza fare in modo che venisse annullato un principio di vitalità, di calore destinato a precipitare negli abissi della fine terrena (si ascolti, a tale proposito, come il pianista lucchese renda quel “moto perpetuo” che scaturisce dal secondo preludio, in assoluto l’ultima composizione scritta da Skrjabin, quasi come fosse un accorato e inascoltato commiato).

Il poeta e filosofo austriaco Rainer Maria Rilke, uno dei massimi rappresentanti del simbolismo europeo.

La Sonata n. 10, detta, e a posteriori si potrebbe aggiungere “beffardamente”, la “Sonata degli insetti”, per via di un preciso richiamo fornito dallo stesso compositore russo, risale al 1913, quando la via all’atonalità era stata già segnata nel sentiero creativo di Skrjabin. Qui, tramite la metafora degli insetti, l’idea dell’autore è quella di fornire un’idea della natura considerata sotto l’aspetto di una perenne trasformazione, quella, tra l’altro, così cara alla cultura simbolista della quale Skrjabin fu indubbiamente influenzato. Ed è proprio partendo da una concezione simbolista, quasi prossima a quella debussyana, che Cristian Monti dà forma alla sua lettura della Sonata n. 10; quindi, un’esecuzione la quale, piuttosto che proiettare le tematiche skrjabiniane verso un futuro, lo adagiano sul suo presente temporale, ricercando alla massima potenza lo sfruttamento timbrico di questa pagina. Con ciò non voglio affermare che Skrjabin, sotto le dita dell’artista lucchese, si trasforma in una scimmia di Debussy, tanto per parafrasare D’Annunzio, ma seguendo le indicazioni dello stesso compositore moscovita, intende considerare questo capolavoro pianistico come una gemma le cui sfumature cromatiche devono essere necessariamente esaltate da un continuo mutamento timbrico, a cominciare dai celeberrimi trilli che impregnano lo spartito. Colori come prospettive, come elementi di una scomposizione che già anticipa, in un certo senso, le conquiste pittoriche del cubismo destinato alla sua irruzione novecentesca.

Il compositore contemporaneo francese Jacques Lenot.

Da Skrjabin a Rilke, proprio in nome del simbolismo al quale entrambi si abbeverano, il passo è breve. Ed ecco il perché della scelta di Jacques Lenot e dei suoi tecnicamente impervi Rilke – Fragmente che, dopo il loro ascolto, considero a livello riassuntivo una sorta di “ipotesi-meta Skrjabin”, ossia di come, dopo la morte del compositore moscovita, possa essere considerata al presente la sua lezione creativa applicata al pianoforte. Qui, la dominante è data dal concetto di frammento/variazione, esattamente ventiquattro, numero “sacro” nella letteratura pianistica, in cui lo scopo primario nella dimensione armonica e nella resa espressiva è il non disperdere la materia sonora, ma di raggrumarla positivamente alla luce dell’universo dei preludi skrjabiniani. Ergo, esplorazione timbrica mai fine a se stessa, ma sotterraneamente unitaria, in modo da formare matematicamente gruppi di insiemi collegati da sotto-insiemi. Opera dannatamente difficile, affascinante nel suo progressivo disvelarsi, trova in Cristian Monti un suo interprete ideale, in quanto già all’origine consciamente consapevole della lezione di Skrjabin e di come riesca a renderlo pianisticamente. Partendo da una solida base come questa, il pianista lucchese si proietta in avanti, desume la testimonianza esplorativa dell’ultimo Skrjabin e la plasma, attuandola, secondo le intenzioni armonicamente aggiornate di Lenot, portando idealmente/musicalmente a compimento le intenzioni rimaste sulla carta di quel Mysterium così caro al geniale musicista moscovita. Se vogliamo, i Rilke – Fragmente rappresentano una specie di serbatoio escatologico dei preludi di Skrjabin, un loro andare oltre, un proseguimento fattivo e stimolante nei quali Monti si riconosce perfettamente.

Insomma, un disco di prodigiosa bellezza interpretativa.Altrettanta di ottima fattura la presa del suono effettuata da Sami Bouvet, che ha saputo restituire assai bene il Fazioli 583440 usato da Cristian Monti. La dinamica è corposa, rocciosa (i fff lo dimostrano benissimo), corroborata da un’estrema velocità dei transienti e da una piacevolissima naturalezza del suono. La ricostruzione dello strumento all’interno del palcoscenico sonoro avviene con il pianoforte scolpito al centro dei diffusori, su un piano ravvicinato rispetto l’ascoltatore, ma senza apparire scorretto e con il suono che si irradia notevolmente in altezza e in ampiezza. Anche l’equilibrio tonale è di livello altissimo, con una separazione quasi ideale del registro medio-grave da quello acuto e con una estrema pulizia da parte di entrambi. Infine, il dettaglio è carico di matericità, con una proiezione realmente fisica dello strumento.

Andrea Bedetti

  • Alexandre Scriabine – Jacques Lenot – Rilke-Fragmente
  • Cristian Monti (pianoforte)
  • CD Galaxie-Y CC007

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