Dopo aver frantumato i legami ritmico-armonici dei singoli moduli espressivi ed averli frullati in un contenitore di forte impatto magnetico ed attrattivo, per quanto abrasivo e non convenzionale, i cinque musicisti mantengono stabilmente il contato con una ratio espositiva che lievita lentamente nella progressione dei singoli componimenti, ma soprattutto essi non smarriscono mai, per eccesso di ricerca forzata o diversità a tutti i costi, il senso dell’orientamento melodico.
Nausiacaa, Figlia di Alcinoo, re dei Feaci, protagonista di uno degli episodi più celebri dell’Odissea – oggi direbbe che era un’icona di bellezza – viene descritta «come la dea Artemide». I NAUSYQA ne danno un’immagine distorta e dissacrante, basta vedere la donna effigiata sulla copertina del loro album, impersonata da una figura alquanto corpulenta, una persona appena uscita dalla doccia – così sembrerebbe – con un asciugamano a turbante sulla testa che fa molto copricapo egizio: provocazione ed abbattimento del luogo comune dell’avvenenza femminile – non solo – assai stereotipata e tipizzata in questa nostra epoca del tutto e del niente, del’APP-arenza e dell’APP-artenenza al branco, dove tutto si consuma nella superficialità di un’estetica banalizzata e appiattita su modelli imposti e fugaci. Per tanto, nell’era del luogo comune, assurto a paradigma ispirativo, i Nausyqa diventano un luogo altro. Del resto, il gruppo olandese, rappresenta di per sè una formula dissacrante, oltre che iconoclasta, rispetto al jazz tradizionale. Attenzione, perfino il titolo del secondo disco, «Punq», pubblicato dalla Zennez, potrebbe essere fuorviante, poichè il loro melting-pot sonoro fonde insieme jazz, rock progressivo, elettro-beat, urban-funk, psichedelia ed elettronica anni ’80. «Siamo una band con un approccio jazzistico e un approccio da rock band», afferma Antonio Moreno, tromba e synth.
Dopo la pubblicazione dell’album di debutto, uscito nel giugno 2024, neppure a distanza di un anno, il quintetto, il cui nome si pronuncia «now-see-kah», ha dato alle stampe un secondo lavoro, proseguendo nella propria visione di un jazz-rock ibrido e maculato con un approccio ancora più ruvido e marcato rispetto al precedente. Antonio Moreno tromba e synth, Miguel Valente sax, Jelle Willems pianoforte e sintetizzatore, Richard Nacinelli basso elettrico ed effetti e Pedro Nobre batteria confermano la loro visione di una musica globale e ribelle, non facilmente circoscrivibile, che non fa discriminazioni fra generi e stili, tanto che è difficile, al primo impatto, comprendere se si tratti di una rock band, nell’accezione più larga del termine, alla ricerca di una contaminazione e di una fusione con il jazz o di un vero e proprio line-up jazz aperto all’allargamento verso altri linguaggi confinanti. Al netto di ogni tentativo d’incasellare i Nausyqa in uno spazio ben delimitato, l’aspetto da cogliere è soprattutto la loro capacità di operare in una sorta di zona di confine, riscrivendo le regole d’ingaggio. Dopo aver frantumato i legami ritmico-armonici dei singoli moduli espressivi ed averli frullati in un contenitore di forte impatto magnetico ed attrattivo, per quanto abrasivo e non convenzionale, i cinque musicisti mantengono stabilmente il contato con una ratio espositiva che lievita lentamente nella progressione dei singoli componimenti, ma soprattutto essi non smarriscono mai, per eccesso di ricerca forzata o diversità a tutti i costi, il senso dell’orientamento melodico. I nove brani contenuti in «Punq», pur avendo lunghezze variabili ed impostazioni differenti, sembrano tutti concatenati nel medesimo mood narrativo e legati da un filo ispirativo che si muove incuneandosi in un labirinto di sonorità, le quali s’infrangono per poi vaporizzarsi nell’aria pungente ed acidula di un intreccio di sintetizzatori e percussioni che riesce a soggiogare il fruitore sin dalle prime battute.
L’opener è già una dichiarazione d’intenti o un bigliettino da visita che spalanca le porte ad un suono riferibile a taluni gruppi prog degli anni Settanta, perfino italiani come Le Orme, o di più recente acquisizione quali gli islandesi Sigur Rós, i cui barocchismi melodici si mescolano alle incursioni rock di tipo muscolare, in cui emerge il dualismo chitarra / tastiere tipico di quegli anni: un abito vintage indossato disinvoltamente dai Nausyqa con un outfit ed un aplomb contemporaneo. Così «Qaka» diventa una rapsodia che bolle, cresce e si gonfia al sopraggiungere dei fiati per un finale quasi musical. Senza soluzione di continuità, il fruitore viene attirato nelle spire di «Two Weeqs» che irrompe con un ritmo in overclocking ed i fiati alla testa di un arrembaggio sonoro. Certamente uno dei punti d’eccellenza dell’intero album, zeppo di sprazzi melodici sottesi da una tensione armonica priva di data di scadenza. Senza ledere l’originalità del quintetto olandese, forse inconsapevolmente, va detto che pagano un tributo a certe formazioni elettro-synt-post-wave degli anni Ottanta. Ne è una dimostrazione, «Qute Qars», un corposo rock-funk elettronico con inalazioni jazz. Si potrebbe parlare di fusion post-moderna, adattata ad un groove quasi da discoteca sul modello Floating Points. Con «Valliant» si giunge a più miti consigli sulla scorta di un jazz contemporaneo, che guarda in direzione dei Paesi Scandinavi, fra affabulazioni nordiche ed un’intrigante melodia dai connotati eterei e fumettistici, sostenuta da un groove cadenzato e marciante che fa immaginare il Principe Valiant alla testa di un vittorioso esercito mentre rincasa al suo maniero. Sono solo suggestioni, ma del resto, è il miglior effetto collaterale che una musica possa determinare. Non a caso, l’atto finale della prima facciata del disco in vinile, «Qurrents», pregno di atmosfere classicheggianti, rende l’idea di un ballo a corte in un antico castello, magari dopo il ritorno del Principe da un’ardimentosa battaglia. Se ascoltando l’album percepirete altre vibrazioni, sappiate che comunque, già fino a questo punto, il bottino di guerra è notevole, a conferma della prolifica e vivida vena compositiva dei Nausyqa.
La B-Side si apre con l’ipnotica «Partner», che rimanda immediatamente ai Cure, celebre formazione post-punk, ma senza alcun intento imitativo, poiché la sostanza sonora modellata dal quintetto olandese si espande creativamente in tante direzioni; soprattutto il felice sodalizio fra la ritmica e le tastiere retro-datate sviluppano una melodia a facile combustione che si conficca fra le meningi dell’ascoltatore per non andare più via. «Qassius» è un’ordalia sonora, in cui una forma anarchica di free-jazz post-moderno incrocia una pogante digressione rock che finisce per entrare nel buco nero di una galassia aliena. «Down, Dusq; Aetna» è la quiete dopo la tempesta, una sorta di camera di decompressione che evolve in un crescendo imperioso, alla medesima stregua della colonna sonora di un film d’avventura, planando nel finale affidato a «Qurrents II», componimento che si solidifica come una romanza dell’era web 4.0, ma con accentazioni drammatiche e teatrali che sfociano in un antico storytelling. A partire dall’intermedio la progressione è quasi pinkfloydiana, ma defluisce in un finale a base di tromba autotunizzata. «Punq» dei Nausyqa è disco zebrato, non uniforme, un segno dei tempi in cui la musica è frammentaria e parcellizzata; un concept anomalo e sui generis che riflette a tratti la formazione multicanale di giovani musicisti, i quali ricevono imbeccate e suggerimenti dai quattro punti cardinali dello scibile sonoro, ma tutto ciò non rappresenta assolutamente una deminutio capitis. Il punto di sutura è rappresentato dall’abilità dei cinque sodali di saper conficcare elementi diversi all’interno di un habitat musicale che sembra reggersi su un equilibrio instabile, ma dove, per incanto, le forzature stilistiche, le ibridazioni, le ridondanze, il citazionismo, gli eccessi svaniscono e si amalgamano in una forma di narrazione esplorativa, di cui vengono riscritte le regole quasi all’istante. Così ogni frammento dell’album si trasforma in una specie di itinerario a sorpresa, il quale trova sistematicamente un approdo, per poi sfociare nel brano successivo allestito per una differente destinazione ma l’agenzia emozioni e viaggi è sempre la stessa.

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