…un mélange di note, percussioni, sentimenti, canti, danze e zampillanti vibrazioni che spalancano le porte dell’anima, stabilendo ancora un legame speciale e una corsia preferenziale fra Mafalda Minnozzi e un infinito altrove, in cui il Sud e il Nord del mondo si incontrano.

Al netto di tutta la stima personale che ho per Mafalda Minnozzi, ciò che scrivo esula da ogni condizionamento, avendola apprezzata prima di conoscerla di persona, circostanza che ha solo rafforzato in me talune convinzioni sia sul piano umano che professionale. Lo dichiaro apertamente come critico musicale, poiché non vi è condizionamento alcuno, ma le mie parole nascono da un’analisi e da un’indagine approfondita dei suoi trascorsi discografici, ma soprattutto del suo recente lavoro «Riofonic», uno degli album più gratificanti usciti in questo primo scorcio del 2025.

Mafalda è una donna di talento completamente votata alla causa dell’arte e della musica, una «conquistatrice», una sorta di eroina dei due emisferi della musica. Con la Minnozzi accade quello che in Italia avviene con tanti artisti stranieri, però al contrario: se va a New York le si spalancano le porte dei club e viene invitata al Lincoln Center; se va a Rio è «una di loro» nel senso letterale della parola, perché Mafalda ha metabolizzato a dovere, attraverso anni di studio e di dedizione, la grande lezione dei maestri della bossa nova brasiliana e del jazz statunitense. Tutto ciò le consente di muoversi agevolmente all’interno di due universi paralleli, apparentemente antitetici e distanti, che lei riesce a collegare e fondere magnificamente, senza dimenticare mai la lunga tradizione melodica italiana. Il suo morganatico artistico con il chitarrista newyorkese Paul Ricci, divenuto quasi simbiotico, le consente una visione quanto mai estesa dello scibile sonoro. Nel caso di «Riofonic», la cantante marchigiana ha scelto una dimensione collegiale, affiancandosi ad alcuni rinomati musicisti internazionali del calibro di Roberto Menescal (chitarra e voce), Kassin (basso) Jorge Helder (contrabbasso), Jaques Morelenbaum (violoncello), Joao Cortez (batteria e percussioni) i quali che si alternano nelle varie tracce insieme ad una sezione fiati di prim’ordine: Rafael Rocha, trombone, Marcelo Martins sax soprano e tenore e Jessé Sadoc tromba. Su tutto la produzione e l’immancabile chitarra di Paul Ricci che come un demiurgo, un «ordinatore», diventa il garante della continuità ed il naturale collettore fra stili e culture differenti.

Mafalda scrive e canta, ma soprattutto interpreta quattordici perle, tra cui alcuni classici della tradizione brasiliana ed internazionale. Già nell’opener, «Rio», a firma Menescal-Boscoli, il Brasile emerge prepotentemente, avvolgendo il fruitore con le sue tinte cangianti a volte accese, altre sfumate, mentre la voce di Mafalda diventa una guida sicura e affidabile all’interno di un labirinto di suggestioni molteplici che s’intensificano progressivamente fino a planare soavemente tra le spire di «Corcovado» di Jobim, che la cantante marchigiana pennella con un senso dell’orientamento melodico straordinario, mentre il ritmo cresce lentamente e compare la voce di Roberto Menescal per un vocalizzo corroborante. «Sò Danço Samba» di Jobim /Moraes sancisce il legame con la tradizione brasiliana, ma con una visione contemporanea, un’eleganza vocale mai paga e un’innata capacità di assorbire le mescolanze ritmiche sia a livello fisico che mentale, per poi restituirle al mondo degli uomini sotto forma di emozioni. «Cafè South American Style» è una moderna ballata cool jazz, ricca di contrafforti soulful, cantata in inglese e scritta dalla Minnozzi insieme a Ricci, nonché magnificata dall’estatico e fiabesco contrappunto del sax soprano di Marcelo Martins.

Nel suo incrociare mondi, colori, voci, suoni e ritmi non c’è mai finzione, vezzo estetico o moda dell’esotico, piuttosto imperante nei circuiti para-jazz italiani, ma è tutto autenticamente vissuto e compenetrato, una dimostrazione lampante ed un esempio di quasi palpabilità del canto viene da «Eu E A Brisa», in cui il sax soprano diventa ancora un perfetto alleato ed un additivo naturale per la narrazione. Mafalda parla la stessa «lingua» dei musicisti e degli autori che incontra sul proprio cammino, ma non solo a livello fonetico: si tratta di un simile afflato e di un comune sentire. Ecco dunque, «O Barquinho» in duetto con l’autore Roberto Menescal che salda amicizie e tradizioni, fondendo insieme saudade brasiliana ed italica nostalgia. «Telefone», ancora a firma Menescal/Boscoli, è un samba metropolitano ondeggiante, cantato con piglio festoso, ironico ed arricchito delle flessuose incursioni del trombone di Rafael Rocha. L’omaggio all’Italia arriva con «Tu si ‘na cosa grande» di Domenico Modugno che per Mafalda diventa un momentaneo ritorno a casa, mentre ogni nota, ogni sospiro, ogni pausa, ogni intonazione o armonizzazione sembra scaturire dal profondo dell’anima. «Você You» si apre su altri scenari che guardano verso i quattro punti cardinali della musica, in un viaggio interiore che esplode sistematicamente in superficie, mentre il disco, nella sua interezza, è un’immersione totale ad occhi aperti nelle acque limpide e nei cieli tersi di un Brasile immaginario, in cui la bossa, il samba e il tropicalismo sposano la causa del jazz. In «Postcard From Rio», ancora farina del sacco della Minnozzi e di Ricci, swing e samba si amalgamano in un aggregante intreccio di umori e di amori fissati a caldo dalla tromba di Jessé Sadoc. «The Gentle Rain», cantata in inglese, è una folk ballad dall’atmosfera arcana e dal mood antico, a cui il violoncello di Jaques Morelenbaum regala un’atmosfera da piccolo melodramma brechtiano. «Garota De Ipanema», e soprattutto la conclusiva «Àgua de Beber», sono affreschi sopraffini di una terra fatta di bellezze e contraddizioni, ma reinterpretata attraverso un gusto ed un taglio contemporaneo dai lineamenti jazzly e con radici ben piantate nell’autentica tradizione territoriale, certamente non oleografica e da cartolina turistica, dove il sorriso incrocia la sofferenza e il dolore diventa poesia, mentre la voglia di riscatto si trasforma in ritmo. «Riofonic» è un mélange di note, percussioni, sentimenti, canti, danze e zampillanti vibrazioni che spalancano le porte dell’anima, stabilendo ancora un legame speciale e una corsia preferenziale fra Mafalda Minnozzi e un infinito altrove, in cui il Sud e il Nord del mondo si incontrano.

Mafalda Minnozzi

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