Un disco che non rivoluziona i canoni tradizionali del jazz, perfino certi aspetti ludici ed intrattenitivi, anzi li rivaluta, ricollocandoli in una nuova dimensione sonora carica di inedite prospettive e visioni d’insieme.

Roberto Magris, pianista triestino, con una visione internazionale dello scibile jazzistico, già ai tempi della «cortina di ferro» è stato «un costruttore di ponti» tra musicisti dell’Est e dell’Ovest, proponendo una sua visione allargata del jazz, grazie alla lunga esperienza americana. Su queste basi formative e con spirito fortemente transnazionale che Magris, nel 1998, fondò l’Orchestra Europlane al fine d’integrare musicisti dell’Europa orientale e occidentale. Nonostante le difficoltà «territoriali» l’Europlane di Roberto Magris ha continuato ad esistere, mentre il periodo della pandemia è diventato un successivo punto di svolta nell’attività concertistica. Racconta il pianista giuliano: «Poi è iniziata la guerra in Ucraina e ho notato una crescente separazione fisica, intellettuale ed emotiva tra le persone, anche tra gli artisti. Questa situazione ha portato anche nel mio mondo alla distruzione dei ponti di collaborazione e di amicizia che avevo costruito con forza e determinazione». Ciononostante, Magris non si è arreso ed è tornato allo scoperto con un nuovo progetto ed uno speciale ensemble transnazionale che propone musiche inedite e standard con arrangiamenti originali, fornendo un’impronta jazzistica europea, nello spirito della cultura, dell’armonia e dell’amicizia.

Il progetto di Magris si sostanzia in un disco di pregevole fattura, «Freedom Is Peace», pubblicato dalla Jmood Records, un titolo emblematico che già di per se è un un grido di speranza, in un mondo dove molte libertà vengono precluse e le guerre si susseguono e si accendono ad ogni stormir di fronde. Roberto Magris Europlan For jazz può attualmente contare su un manipolo di musicisti di provata esperienza provenienti da differenti località europea: oltre allo stesso Roberto Magris pianoforte (Italia), Florian Bramböck sax baritono (Austria), Tony Lakatos sax tenore e soprano (Ungheria), Lukáš Oravec tromba e flicorno (Repubblica Slovacca), Rudi Engel basso (Germania) e Gašper Bertoncelj batteria (Slovenia). Precisa ancora Magris: «Durante questo lungo «silenzio» ho sempre mantenuto l’idea di ripartire con una nuova energia creativa e spirituale. Quando ho dovuto creare un nome per questo nuovo progetto, non ho avuto dubbi: era il momento di Europlane For Jazz. Alla fine della pandemia, con gli effetti aggravanti della guerra, dovevamo metterci al servizio di un futuro più prospero per le arti, la musica, il jazz, la pace, l’amore e, in generale, creare lo spirito adatto per un futuro migliore».

Il concept sonoro, registrato in presa diretta, è basato su materiale originale e di repertorio caratterizzato da una forma di autentica collegialità strumentale, dove gli assoli dei singoli consentono ai vari membri del line-up di interfacciarsi l’uno con l’altro e circolarmente, sia che si tratti di Bramböck, il quale si muove su e giù attraversando l’intera gamma cromatica del contralto, sia che riguardi l’energia delle soluzioni proposte dalla tromba e dal flicorno di Oravec o del deciso walking-bass di Engel. Non ultimi gli arrangiamenti e le progressioni dello stesso Magris. L’opener riservato alla title-track, «Freedom Is Peace», componimento scritto dal band-leader, è un ottimo esempio di post-bop a larghe maglie che consente l’inserimento dei singoli solisti, i quali, dopo una breve fuga, ritornano sempre al nucleo gravitazionale dell’idea; otto minuti in cui l’intreccio dei fiati, con impennate funkified ed il robusto sostegno accordale della retroguardia, diventa un precetto da manuale del soul-jazz moderno. «The Island Of Nowhere», ancora a firma Magris, fa pressione sulla medesima leva, ma con un incedere più esplorativo, in cui gli strumenti a fiato si muovo verso territori più impervi e vagamente free form. «Malay Tone Poem», introdotta da un basso cadenzato e profondo ed assecondata dal pianoforte che procede con fare sotterraneo, assume la sagoma di una ballata abissale dilaniata tra luci ed ombre, ricca di inserti chiaroscurali, a tratti vagamente arabescati e dissonanti.

«Laverne», contenuta nell’album «Spiral» di Andrew Hill, viene restituita la modo degli uomini come una ballata intensa e brunita, magnificata dal soprano di Tony Lakatos e dal piano di Roberto Magris che si fanno promesse per l’eternità. «Something To Save From Eu (You)», uscita ancora dal cilindro magico di Magris, viene introdotta proprio dall’autore e da uno struggente basso ad arco quasi impercettibile, mentre si srotola lentamente su un territorio melodico che sbricia in molti angoli d’Europa, fin quando il groove, lievemente in crescendo, non sospinge i fiati verso un flusso tematico dal sapore retrò, ma a presa rapida. «When You Touch Me», il componimento più lungo dell’album, quasi tredici minuti, è una lunga perlustrazione giocata sulla turnazione dei singoli membri dell’ensemble, i quali aggiungono progressivamente al costrutto nuove essenze melodiche e variegati cromatismi che guardano verso i quattro punti cardinali dello scibile sonoro. «Loose Fit», ancora dalla penna di Magris, infiamma i cuori mentre i fiati, in prima linea, incrementano i giri trasportando il fruitore negli anfratti metropolitani di una dimensione più cosmopolita e vicina ai dettami del vernacolo di matrice afro-americana. In chiusura «Hip! For The Conference», uno dei pezzi più impattanti dell’album, risulta marchiato a caldo da un melodia a combustione rapida ed incentrata su riff quasi ostinati; per contro, nella fase improvvisativa, i fiati si liberano dai vincoli della partitura e la sezione ritmica non lascia aria ferma ritagliandosi una fetta gloria. «Freedom Is Peace» di Roberto Magris Europlane For Jazz è un disco che non rivoluziona i canoni tradizionali del jazz, perfino certi aspetti ludici ed intrattenitivi, anzi li rivaluta, ricollocandoli in una nuova dimensione sonora carica di inedite prospettive e visioni d’insieme.

Europlane For Jazz

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