Sandro Vero introduce i lettori, soprattutto i neofiti, al meraviglioso mondo dei registratori e delle bobine a nastro, che rappresentano il vertice assoluto dell’ascolto analogico. Seguendo i suoi preziosi consigli, si potrà acquistare un apparecchio affidabile e fare riferimento su alcuni produttori che mettono in vendita nastri di indubbia qualità.

Introduzione

Naturalmente, prima ancora di raccontare le meraviglie di un sistema di riproduzione, occorrerebbe partire dalle meraviglie di un sistema di registrazione, che dominò la scena musicale fino agli anni Ottanta, quando fu soppiantato dal digitale. Chi, fra i cosiddetti boomers, non coltivò il sogno di possedere una di quelle stupende, inarrivabili macchine che – specie negli anni Settanta – facevano spesso capolino nelle foto di divi del cinema oltre che, ovviamente, dei musicisti più à la page? Perché in realtà inarrivabili erano spesso davvero: un Revox B77, un dispositivo all’epoca classificato come semi-professionale, nel 1984 (dunque quasi alla fine dell’era analogica) aveva un prezzo di listino di poco meno di 2 milioni! Delle vecchie lire dell’epoca… E il costo saliva in maniera vertiginosa con strumenti professionali, gli Studer, i Telefunken, i Nagra.

All’inizio del nuovo millennio, quando il digitale aveva già rubato totalmente la scena, le macchine dismesse – dai privati e dagli studi di registrazione ma anche dalle radio – si trovavano nella rete a prezzi risibili e chi fu baciato dalla giusta intuizione ebbe modo di fare affari d’oro, ritrovandosi spesso in mano apparecchi in buone, in alcuni casi in ottime, condizioni con costi inimmaginabili fino a pochi anni prima. Le mode, si sa, hanno il difetto – fra l’altro – di far lievitare i prezzi degli oggetti, anche se si tratta di oggetti usati, in troppi casi conservati male. E così acquistare un registratore a bobine ricominciò, lentamente, a diventare di nuovo oneroso. Ma mai come venti o trent’anni prima: oggi, sul mercato dell’usato (quello sicuro, intendiamoci), un Revox A77 si può trovare anche a 400/500 euro che, con la necessaria ristrutturazione fatta da un tecnico competente diventano 800/900. Un B77, sistemato a dovere, può raggiungere i 1500 euro, marchi meno blasonati (Teac, Pioneer, Aiwa) si attestano sui 1000 euro. Uno Studer – ad esempio il magico A80, una meraviglia professionale – debitamente revisionato, oggi si situa in un range di esborso fra 6000 e 10000 euro! 

L’esperienza

Il lettore che non ha ancora incontrato lungo la sua strada una di queste scatole musicali si sarà già chiesto, a questo punto, quale sarebbe la ragione speciale per cui il loro acquisto regalerebbe un’esperienza altrettanto speciale. Un dubbio lecito, trattandosi di oggetti che hanno sul groppone anche fino a mezzo secolo di servizio (e in molti casi con lunghi, devastanti periodi di forzato riposo in cantine umide e/o polverose), tecnologicamente antiquati, per i quali peraltro si pone un problema di reperibilità del materiale registrato da dargli in pasto.

Bene, la risposta che daremo sarà secca e perentoria: la ragione speciale è semplicemente che la musica ascoltata mediante una bobina che gira in un registratore, quando il registratore è di almeno buon livello e la bobina è registrata rispettando alcuni criteri fondamentali (che poi diremo), consegna un’esperienza a dir poco entusiasmante, ineguagliabile. Lo diremo in una maniera ancora più netta: il reel to reel è il sistema di registrazione/riproduzione più musicale, più fisico, più realistico che esista!

Andando dentro

Ovviamente non tutti i registratori a bobine e non tutte le bobine suonano allo stesso modo. La macchina dovrà essere di un livello tale da garantire il rispetto di alcuni fattori irrinunciabili: dovrà avere delle testine in buone condizioni, dovrà avere una meccanica di trascinamento (in lettura e veloce) a prova di strappo, dovrà soprattutto funzionare almeno alla velocità di 19 centimetri al secondo, che sia a quattro o a due piste, dovrà infine possedere delle buone uscite audio per il collegamento all’amplificatore. Non sarà certo fondamentale la presenza di uno stadio interno di amplificazione per cuffie: tali macchine non nascono certo per garantire il massimo nell’uso headphone. Se le piste sono due piuttosto che quattro e la velocità di lettura di 38 cms, piuttosto che di 19 cms, il risultato farà fare a chi ascolta un triplo salto carpiato: l’incremento di spazio magnetizzabile unito all’accuratezza della lettura portata dalla maggiore velocità produrrà un miglioramento della qualità di riproduzione a dir poco entusiasmante. 

Ascoltando da fuori

E così, dopo aver acquistato la bestiolina (sono in genere macchine pesantucce) e averla fatta ripulire, ricappare, riequilibrare da uno che se ne intende (e ce ne sono ormai tanti), cominciamo a smanettare con i nastri. Una bobina, specie le prime volte che ci si cimenta, non è facilmente inseribile come un LP o come un CD: occorre avere pazienza, avere il gusto del differimento temporale del piacere, una discreta manualità e tanto, tanto amore per la musica. Caricato il nastro e settato a dovere il volume di ascolto, la velocità di riproduzione, il formato (può trattarsi di una bobina da 18 o da 26 cm.), ci sediamo e attendiamo.

Quando arriva, è un colpo! Lo stage è ampio, fra gli strumenti c’è tanta aria, l’equilibrio tonale e timbrico è miracolosamente perfetto. Ma soprattutto: il suono è fisico, reale, presente. Musicale! Nessun accenno di iper-dettaglio, di iper-analiticità. Niente sarà iper: tutto sarà normale, giusto, corretto. Nessuna deriva stressogena, mai si sarà raggiunti da quel senso di stanchezza che spesso assale con un ascolto prolungato del digitale. Ci si chiederà, a questo punto, quale possa essere stato il motivo per cui una tale meraviglia sia stata accantonata tanto a lungo, la ragione per cui si sia preferito aderire totalmente alla filosofia del digitale, una questione questa che si era già posta per la strenua battaglia fra vinile e CD (e più in generale fra analogico e digitale), vinta – come si sa – dal dischetto argentato. Ci vengono in mente tre cose (ma ce ne sono in ballo anche altre): la comodità, il rapporto s/r, la dinamica. 

Il digitale è comodo, molto meno impegnativo per tutto ciò che riguarda il settaggio e il mantenimento della macchina (l’usura di un carrello o di un pickup laser in un CD player è infima rispetto alla complessa catena che trascina, legge, stabilizza un nastro lungo il suo percorso), la sua evoluzione liquida ha permesso livelli di disponibilità del materiale musicale, facilità di gestione, controllo, a dir poco stratosferici. I rumori con il digitale o non esistono o sono ridotti a una sostanziale inudibilità, e da ciò deriva un miglioramento straordinario del dettaglio e della dinamica. Con un nastro, invece, si sente proprio il fruscio del contatto con la testina, più o meno come i clic e i pop di un vinile. E il rapporto segnale/rumore nel migliore dei casi non va oltre i 70db. Ricordiamo tutti l’impressione iniziale che il CD, con la sua dinamica esasperata, produsse negli ascoltatori meno smaliziati: una meraviglia di potenza! Per non parlare dell’analiticità: come inforcare un paio di occhiali che fanno avanzare la capacità visiva fino a 12/10. Che poi, però, dopo un po’ ti regalano un solenne mal di testa. Se la traccia registrata a monte era – metaforicamente – di 10/10, il reel to reel te la ripropone a 10/10. Esattamente. Ossia, realismo, fisicità, musicalità!

Alcune chicche

Oggi si può cercare qualche nastro commerciale sul web, a prezzi anche piuttosto bassi. Si tratta certamente di materiale vecchio e dunque occorre stare molto attenti: il rischio è di trovarsi fra le mani roba che si spezza con estrema facilità o, peggio, che sporca vistosamente le testine e il pinch roller del nostro Revox. Si può invece attingere al catalogo – da poco arricchito – di marchi blasonati come la Sony o specializzati come Hemiolia, a costi a volte sbalorditivi. Nel giusto mezzo si trovano case discografiche o testate giornalistiche che propongono titoli in bobina a prezzi più che sostenibili, varianti in un range da poco più di 120 euro a un massimo di 400 euro a seconda del formato scelto (due o quattro piste, 19 o 38 cms, bobina in plastica con attacco cine o in metallo con attacco NAB). 

La Analogy Records ha un catalogo di produzioni originali, spesso registrate live, che propone nel meraviglioso taglio del reel to reel. I titoli spaziano dal jazz al classico al pop d’autore, con dentro perle come i trittici di Peter Erskine (con la Marcotulli e Palle Danielsson) e di John Patitucci (con i fenomenali Brian Blade e Chris Potter).

La Velut Luna ha da poco implementato un servizio golosissimo di tailoring musicale, confezionando su richiesta bobine per ogni titolo del suo ricchissimo catalogo. Abbiamo parlato, poco tempo fa, del sapido Project One, di Marco lo Muscio. Un titolo che abbiamo ascoltato con emozione è Illegal Love, di Chiara Pastò, una meraviglia di calore e di profondità.

AudioFileShop, ha già da tempo la disponibilità di alcuni titoli, in confezioni eleganti, che offre a un prezzo convenientissimo, appena 199 euro, a fronte di un prodotto preparato a regola d’arte (bobine da 26 cm, registrate a due piste e a 38 cms). Da segnalare uno strepitoso concerto di Arturo Benedetti Michelangeli, dalla dinamica portentosa.

 

Kind of Bill

I due volumi Kind of Bill (Analogy Records), del trio di Dado Moroni, Eddie Gomez e Joe La Barbera, registrati dal vivo al Casinò di Sanremo, offrono tutto quello che ci si deve aspettare da una registrazione di alto lignaggio: gli strumenti si collocano nella scena sonora con una presenza fisica stupefacente. Abbiamo ascoltato l’edizione a quattro tracce e 19cms del primo volume (utilizzando un Revox A77) e quella a due tracce e 19cms del secondo (usando un Revox B77). Entrambe dotate di un suono superlativo, entrambe capaci di generare un’emozione nell’ascolto molto prossima a quella che si avrebbe dal vivo, la seconda – grazie alle caratteristiche della riproduzione a due tracce – ancora più precisa, scultorea, trascinante della prima.Il doppio album ha meriti indiscussi per la qualità musicale: l’incontro fra Moroni, uno dei pianisti italiani che più intensamente testimoniano la sua discendenza stilistica dal maestro di Plainfield, Gomez e La Barbera, due strumentisti che hanno accompagnato Evans – sia pure in fasi di poco distanti – nelle sue esplorazioni del trio, non poteva non sortire risultati affascinanti. Kind of Bill è infatti insieme un omaggio sentito, ma anche una elaborazione personale del mondo musicale evansiano. Il respiro dei tre strumenti si fa, nella riproduzione su nastro, tangibile, la presenza assoluta, il dialogo musicalissimo.

Sandro Vero

La lista di aziende e siti web, di dove acquistare nastri e registratori è ancora molto lunga e l’approfondiremo meglio in un prossimo articolo (N.d.R.)

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