Questo interessante progetto discografico nasce grazie all’amicizia e alla lunga collaborazione musicale e artistica di Marco Lo Muscio con tre nomi iconici della musica Progressive e contemporanea, David Jackson, John Hackett e Steve Hackett. Vediamo che cosa cambia, a livello di ascolto, confrontando il CD, l’LP, il nastro magnetico e la versione liquida.

PROJECT ONE, da Velut Luna un confronto tra i formati

La musica
Marco lo Muscio, poliedrico organista e pianista romano, si avvale della collaborazione di David Jackson, storico sassofonista e flautista dei Van Der Graaf Generator, per dare luce a questo progetto pieno di fascino e di nuances, che spazia fra la contemporanea dotta (Benjamin Britten, György Ligeti, Aaron Copland, George Martin), il progressive storico (ELP, Genesis, Van Der Graaf, Pink Floyd), il jazz nordico (Garbarek) e la scrittura originale del leader. Il suono trascendente dell’organo si intreccia con le linee passionali dei sassofoni creando una sorta di connubio fra sacro e profano, fra spirituale e corporeo, che è forse la cifra poetica dell’album, un lavoro pervaso da un amore trepidante per la materia musicale, ricondotta ad unità nonostante la varietà delle fonti di ispirazione.
Il suono è certamente uno degli elementi chiave dell’estetica del progetto, che non a caso è stato registrato nella chiesa romana di San Gregorio VII, uno spazio capace di restituire la perfetta ambienza per una musica a tratti solenne, sempre intensa.
Si va così per un percorso ricco di spunti tematici e stilistici: dalla solennità del Theme One di George Martin al fascino melodico di Hairless Heart dei Genesis; dall’evocativo canto nordico di Molde Canticle Part 1, del sassofonista norvegese Jan Garbarek, all’elegiaco Moonchild di Greg Lake, voce fascinosa degli ELP; dall’arioso Corpus Christi Carol di Benjamin Britten al post-elisabettiano di ispirazione purcelliana Hills of the North Rejoice di Martin Shaw. Ma le vette più alte sono probabilmente quelle della struggente Hammer in the Sand, dell’ospite Steve Hackett; La The Great Gig in the Sky, del seminale Dark Side of the Moon targato Pink Floyd, qui proposto in una sorta di idioma sinfonico; la Fanfare for the Common Man, di Copland, rivista nella chiave straniata di Keith Emerson, con un ostinato che prende la forma di un blues essiccato, glaciale, com’era nello stile del tastierista britannico.


L’ascolto
L’offerta della Velut Luna è sontuosa, resa ancora più tale dalla disponibilità del reel to reel, un servizio di tailoring musicale con il quale la casa provvede a confezionare un meraviglioso box cartonato contenente una bobina, con l’album riversato a due tracce e a 38 cms, ai clienti che ne fanno richiesta!
Il vinile a 180 grammi, contenuto in un gatefold di indubbia eleganza, viaggia insieme al CD e a un codice, mediante il quale è possibile scaricare il file dell’album in formato WAV ad alta risoluzione, 24/88,2. Sono dunque in azione ben 4 formati, due digitali (CD e file HD) e due analogici (vinile e nastro). Quelli digitali propongono, ovviamente, una versione più estesa della sessione. La registrazione, fatta nel dominio digitale proprio a 24 bit e a 88,2 khz, è avvenuta all’interno della chiesa di San Gregorio VII in Roma, e ciò è subito rivelato dalla stupefacente ambienza di cui si arricchisce il suono, con un lieve riverbero delle voci strumentali che riveste la materia musicale di un’aura elegiaca perfettamente intonata al carattere dell’opera. L’ascolto comparato, che abbiamo svolto in due passi – prima i due formati digitali, poi i formati analogici – senza alcun obiettivo di scovare un vincitore e dei vinti, ha regalato momenti di grande emozione.


CD vs HD
Il CD è più corposo, impattante, con un punch più profondo. L’HD è per contro più analitico, arioso, capace di restituire una maggiore tridimensionalità della scena, un respiro più profondo, che si carica del naturale riverbero di cui sopra. Entrambi i formati sono dotati di una dinamica superlativa, che esalta l’interpretazione di una musica fatta anche di emozionanti crescendo.


Vinile vs Reel to Reel
L’analogico gioca le sue carte: la musicalità come equilibrio tonale, la fisicità, la presenza, il calore. Il suono del vinile, a un primo impatto, appare come più povero, forse è più esatto dire che quello del reel è più ricco, più profondo. Il nastro apporta una live coloritura porpora al suono, mentre il vinile mantiene i timbri entro una cromatura più pastellata.
Come per il digitale, anche l’analogico è capace di escursioni dinamiche esaltanti.


Se la preferenza è per una soluzione che consenta l’ascolto di più formati, la scelta sarà il vinile, con il suo cd e il suo file. Se si vuole fare l’esperienza fisica oltre che concettuale del reel, con la sua matericità e la corposità del suo suono, il box con la bobina giustificherà il sensibile aumento dell’esborso. Se non si hanno limiti di budget, il consiglio è quello di prendere tutto. E godere, oltre alla musica, anche delle sottigliezze soniche con cui i formati diversi interpretano la riproduzione musicale.

PROJECT ONE – VELUT LUNA

Esecutori: Marco Lo Muscio (Church organ piano), David Jackson (sassofoni e flauti), Steve Hackett (chitarra in Hammer in the Sand), John Hackett (flauto in The Hermit)

Supporto: (Bundle: LP + CD + FILE HD) – REEL to REEL

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